La vicenda delleventuale grazia ad Adriano Sofri sembra una commedia di Pirandello. Il paradosso è questo. È stato sì condannato a ventidue anni di reclusione perché ritenuto responsabile dellomicidio Calabresi, ma lex leader di Lotta continua, pur non avendo ottenuto un atto di clemenza, è a piede libero. Una soluzione allitaliana. In cuor suo Carlo Azeglio Ciampi avrebbe voluto concedere un atto di clemenza. Ma lallora ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, ha continuato a fare orecchie da mercante. Perché, ordinamento costituzionale alla mano, la responsabilità sarebbe ricaduta su di lui, che non aveva mai fatto mistero di essere contrarissimo al provvedimento.
Fino ad allora la tesi giuridica prevalente era che la grazia fosse un atto complesso, che si perfeziona grazie al consenso sia del capo dello Stato sia del Guardasigilli. Tuttavia Marco Pannella e la lobby pro Sofri sostennero che la grazia fosse una prerogativa esclusiva del presidente della Repubblica. Così lo stesso Ciampi alla fine sollevò conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale nei confronti del guardasigilli Castelli. La Consulta, anziché ancorarsi alla sua stessa giurisprudenza, ha dirazzato. E ha concluso che il potere di grazia è formalmente e sostanzialmente presidenziale. La patata bollente ora è nelle mani di Napolitano, che finora non si è espresso. Un po perché in più occasioni ha reso omaggio alla memoria delle vittime del terrorismo. E un po perché, libero comè grazie a pronunce della magistratura motivate dal suo stato di salute, Sofri, che peraltro la grazia non lha mai chiesta, non ha alcun bisogno - ora come ora - di un atto di clemenza.
Non sappiamo che cosa deciderà Napolitano. Ma sappiamo - ecco un secondo paradosso - che i peggiori nemici di Sofri sono proprio i suoi amici. Così il deputato verde Marco Boato nutre fiducia nellequilibrio del capo dello Stato, che fino a prova contraria verrebbe meno qualora il Colle non assecondasse i suoi desideri. Il senatore ulivista Gerardo DAmbrosio, pure lui, ha espresso la speranza che il capo dello Stato «decida con saggezza». Insomma, se non accordasse la grazia, Napolitano sarebbe poco meno che uno scellerato. Dulcis in fundo (si fa per dire) lex sottosegretario alla Giustizia Franco Corleone, dei Verdi, ha dichiarato che un eventuale rinvio nella concessione della grazia «assumerebbe i caratteri della persecuzione e della vendetta». Se non si sbriga a esaudire il diktat di Lorsignori, Napolitano sarà additato come un persecutore.
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