I registi italiani? «Hanno perso la tensione culturale del passato», e questo può servire a spiegare i magri risultati del recente Festival di Venezia. La spiegazione, che suona come una forte critica, viene da uno dei padri del cinema impegnato argentino, Fernando «Pino» Solanas, che iniziò il suo impegno civile negli anni sessanta rinunciando ad una carriera di regista pubblicitario nella Buenos Aires di Peron e che negli anni ottanta ha vinto il premio speciale al Lido con Tangos e la palma per la regia a Cannes con Sur. Adesso «Pino» non solo fa ancora film ma è pure candidato alle elezioni per la Casa Rosada del 2011.
«Per me è un mistero il fatto che in Italia il cinema di contenuto stia languendo», ha detto il cineasta incontrando i giornalisti questa mattina a Roma, in vista della rassegna a lui intitolata nell'ambito del Festival del Cinema di Imola, dove terrà lezioni di regia e verrà premiato con il Grifo d'oro. «É quasi una cosa incredibile. Mastroianni, Loren, Fellini, De Sica, sono delle icone in tutto il pianeta. In qualunque parte del mondo, se si facesse una classifica dei trenta film più importanti della storia, quattro o cinque sarebbero vostri».
Ora invece c'è solo il deserto. Solanas se la spiega così: «Probabilmente una delle cause è l'involuzione mentale che provoca, ineluttabilmente, quella scatola immaginifica che è la televisione». Ma ci può essere anche una secondaspiegazione. E cioè che «rispetto agli anni in cui noi in Argentina, ma anche in molte altre parti del mondo, vi guardavamo come a un paese di impegno e cultura, l'Italia ha registrato una caduta verticale della tensione intellettuale».
Pino Solanas si è presenterà alle elezioni presidenziali prevista nel paese sudamericano il prossimo anno. Lo farà con una lista autonoma, «Projecto Sur», che nelle elezioni municipali di Buenos Aires lo scorso anno ha ottenuto a sorpresa il 29 per cento dei voti, pur essendo accreditato solo del 5 percento nei sondaggi. Il suo è un movimento di centrosinistra dalle forte tinte ecologiste, che intende inserirsi nella evidente crisi politica dei due poli tradizionali della vita pubblica argentina, i peronisti e i radicali.
Il suo slogan è «democratizzare la democrazia». Che significa? «Vuol dire che oggi in Argentina la democrazia ha solo una funzione formale e rappresentativa. Noi vogliamo più partecipazione popolare e meno clientelismo e intese con le corporazioni, tipiche della gestione dei Kirchner.
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