«Sono un giornalista»: dopo l’intervista lo stupro

In molte redazioni era per tutti Frederick. Un bosniaco dal nome complicato (quello vero è Fadil Sulyic, 42 anni tra tre giorni), dall’aria scafata ma innocua, che tentava di collaborare con alcune pubblicazioni raccontando le vicissitudini sugli immigrati che, come lui, provengono dall’Europa dell’est. Era affascinato dal lavoro giornalistico, si presentava bene, quasi come se fosse davvero un giornalista di quelle terre, tanto più che su quei temi aveva anche pubblicato un libro: «Italia-Bosnia: un cammino difficile». Era il 1998 o giù di lì. «Frederick» fu una specie di meteora: un giorno, così come era apparso dalle redazioni, scomparve, forse perché allontanato con garbo. Giravano voci su certi suoi atteggiamenti o trascorsi non proprio cristallini? Forse. Sta di fatto che i giornalisti non lo incontrarono più sul loro cammino. Questo, comunque, non impedì a molti, in seguito, di chiedersi che fine avesse fatto, augurandosi che si fosse sistemato.
Ieri gli investigatori del commissariato Greco-Turro hanno mostrato in questura la sua foto perché lo hanno arrestato con l’accusa di sequestro di persona a scopo sessuale. Si è scoperto così che «Frederick», che fino a qualche giorno fa in città si faceva chiamare Fabio, tanto sistemato bene proprio non era. Anzi: pluripregiudicato per reati che vanno dalla violenza sessuale, al furo e all’estorsione, da tempo girava per la città con una videocamera e, spacciandosi per un giornalista di «Telenova», adescava badanti e colf vicino alla fermata della metropolitana «Loreto» con la scusa di un’intervista. Quindi, dopo averle conquistate con il suo aspetto da persona perbene e degna di fiducia - oltre che con la promessa di farle diventare stelle del tubo catodico - le perseguitava telefonicamente con decine e decine di sms. Tutto questo al solo e unico scopo di coronare la sue «conquiste» conducendo le signore nel suo scannatoio di Ponte Lambro. «Due stanze con due lettini: niente altro» spiegano i poliziotti. E altro gli serviva visto che le donne venivano segregate nel bilocale e stuprate ripetutamente. «Perlopiù con violenti morsi» hanno spiegato gli investigatori. L’immigrato, infatti, avrebbe ammesso che questa è una sua personalissima reazione per liberarsi dall’ossessione che lo perseguita: l’idea che queste donne lo tradiscano.
L’ultima delle sue conquiste, però, gliela sta facendo pagare cara l’ «ossessione».

Com’era prevedibile che prima o poi accadesse (al commissariato Greco-Turro sostengono che sarebbero una ventina le donne molestate dal bosniaco che, alle spalle, ha pure precedenti specifici) una colf ucraina di 43 anni lo ha denunciato per essere stata sequestrata per un giorno e mezzo e violentata ripetutamente, tra il 25 e il 26 agosto scorso.

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