«Ogni tanto ritorno. Ma devo averne la voglia e le motivazioni, altrimenti preferisco passare le ore con i miei amici al bar, gente vera, o andare in tv. Dipende poi dal rapporto con il presidente. Una cosa è certa, non alleno per soldi, sto bene così».
Ma lei non aveva lasciato lAlbinoleffe nel 2007? Perché ha cambiato idea?
«Come potevo dire di no a Gianfranco Andreoletti, alla chiamata del presidente? Ci dia una mano, la vogliamo nuovamente in panchina. Ho subito detto di sì. Per certi versi mi paragono a un medico. A suo tempo mi ero lasciato benissimo con lui, la squadra, i tifosi, neanche uno screzio. LAlbinoleffe aveva disputato un campionato importante facendo risultati sorprendenti persino contro le grandi, Genoa, Napoli e Juventus, che giocavano in B. Avevo semplicemente esaurito il mandato, niente di più. Ora è diverso. Sento un nuovo prurito, quello di rimettermi in gioco».
Cosa ha capito in questi giorni? Come intende ripartire?
«Dalla consapevolezza di lavorare a fondo per recuperare quellistinto di sopravvivenza che aveva fatto di questa squadra una buona squadra. Ho cercato di vedere dentro i giocatori. Ma ho avuto troppo poco tempo per effettuare una diagnosi seria, completa, di quelle che servono a costruire il futuro. Ne saprò di più dopo la partita di oggi a Trieste».
Che squadra è lAlbinoleffe?
«In passato cera un gruppo storico, fatto di giocatori locali, che costituiva lossatura della formazione. Il loro futuro era legato al destino dellAlbinoleffe, quei ragazzi ne erano coscienti. Oggi non è più così. Ma bisogna ricreare latmosfera di allora. La squadra può salvarsi e fare anche meglio, ma è più debole di quella che avevo lasciato due anni fa».
Cè un progetto di media durata?
«Io non credo ai progetti, credo negli uomini. Se ho fiducia nel presidente e il presidente ne ha in me, vado avanti. Ho sempre privilegiato questo tipo di rapporto e di dialogo perché il presidente ci mette i soldi e lallenatore la faccia. Continuo ad avere rapporti splendidi con i Luzzara, i Ruggeri, i Bortolotti, le loro famiglie. Lex presidente del Torino, Borsano, mi ha chiamato a Natale, ci siamo scambiati gli auguri, non pensavo che si ricordasse di me. A significare che dovunque ho lasciato qualche traccia importante. Mi sono trovato in difficoltà solo a Napoli dove comandavano in due, Corbelli e Ferlaino, e dove abbiamo mancato la salvezza di pochissimo. Che rabbia».
E i direttori sportivi, i direttori generali, che fine fanno con lei?
«Se possibile, li scanso. Non ho mai avuto a cuore le figure intermedie che, invece di lavorare in gruppo, si mettono in mezzo, cercano potere e spesso complicano le cose. È anche il motivo per cui mi sono state negate certe panchine. Ma io voglio sentirmi in pace con me stesso. E quindi sono contento di quel che ho fatto e di come sono».
Di cosa si sente particolarmente orgoglioso?
«Del rapporto con i tifosi, con gli ultrà in particolare. Ricevo accoglienze incredibili da quelli di Torino e Atalanta anche se da anni non alleno le loro squadre. Se ci parli, ne condivi i problemi e li rispetti, ne vieni ricambiato. Con me ragionano. Mi spiace invece essere fischiato da gente che guarda solo i risultati e non capisce, o meglio non vuole capire, cosa cè dietro il lavoro, quali sono i valori».
Sia sincero, avrebbe continuato con piacere a guidare la Fiorentina...
«Si figuri, è la squadra del mio cuore. Mai abbassare la guardia, questa è la verità. Se avessi voluto restare, avrei dovuto fare la guerra. Ma non mi andava di creare una situazione di disagio in un ambiente e in una città che mi stanno nel cuore. Allora ho lasciato perdere, in pratica mi sono fatto da parte».
Qual è lallenatore preferito da Mondonico?
«Il nuovo che avanza non può fare a meno dellesperienza di chi è nel calcio da tanti anni, come Papadopulo o Ventura.
E Mondo?
«Sono proprio curioso di vedere cosa combinerà il ragazzo...».
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