Sotto il cielo di Magritte l'abito da sera si riempie di nuvolette

New York«Niente domande» dice perentorio un tipo dell'ufficio stampa nel backstage di Marc Jacobs. La stessa cosa viene detta in modo molto più sgarbato da Calvin Klein dove ci cacciano ben due volte dal backstage. Siamo nel Paese in cui la stampa ha potuto chiedere al presidente Clinton se davvero aveva avuto rapporti orali nella stanza ovale, ma agli stilisti non si possono chiedere innocenti spiegazioni sulle loro sfilate. Dire che è ridicolo è poco, ma tant'è. Allora da Jacobs c'è un set sensazionale: centinaia di nuvolette alla Magritte appese al soffitto della caserma del 69simo reggimento in Lexington Avenue. Subito sotto ci sono diverse fila di pouf cilindrici morbidi come Marshmallows su cui si siedono gli ospiti a rischio di finire come Fantozzi sulla celebre poltrona a sacco. L'effetto è meraviglioso: il cielo in una stanza misurata dai passi delle modelle sulla voce di Jessica Lange che recita ossessivamente le parole di una canzone del 1929: Happy days are here again. Non siamo riusciti a capire se i giorni felici sono tornati davvero per Jacobs da quando lo scorso ottobre ha lasciato dopo 16 lunghi anni la direzione creativa di Louis Vuitton. Certo l'ex ragazzetto ebreo del Lower East Side sembra in gran forma: piglio da manager nonostante la tuta da ginnastica rossa che indossa al posto delle sue solite mise con gonna a pieghe o camicia di pizzo lunga sui boxer a vista. Non siamo neanche certi di aver capito bene perché abbia depurato da qualsiasi orpello la collezione del prossimo inverno: lunghe tuniche spesso senza maniche portate su leggings dello stesso tessuto double e con deliziosi stivaletti anni Sessanta, identici a quelli dei fumetti spaziali di Hanna & Barbera intitolati in Italia «I Pronipoti». Il tutto nei più pallidi colori che si possano immaginare: lilla, grigio nuvola, nocciola grattugiata, un elusivo punto di azzurro. In alcuni casi i pantaloni sono più corti e strutturati, a volte compaiono giganteschi blouson di montone nelle stesse tinte prese dal cielo e gli abiti da sera più belli hanno innumerevoli volant sfumati oltre che tagliati a nuvoletta. C'è un profumo di Courréges e qualcosa delle prime collezioni di Prada ma nel complesso sembra che Marc abbia deciso di mettere un punto e a capo nella sua storia stilistica: ha fatto tanto, pure troppo, adesso è giusto che faccia se stesso. «Evolution, not revolution» riesce a rispondere Francisco Costa nel backstage di Calvin Klein prima che l'energumeno della security ci cacci via. Stiamo attentando alla tranquillità del designer brasiliano da 11 anni direttore creativo della sezione femminile del brand con pericolose domande tipo: «Perché hai fatto il 90 per cento della collezione in maglia pesante tu che sei un maestro di leggerezza?». Forse la risposta più sensata sarebbe un'occhiata al cielo livido di New York da cui un po' piove e un po' nevica ma sempre con eccezionale violenza per non parlare del freddo polare. Per cui ben vengano i cappottoni dalla forma squadrata e lineare ottenuta con tagli al vivo su tessuti lanosi e compatti, tweed artigianali, cashmere agugliato fino a diventare spesso come una pelliccia.

Difficili ma belli i tubini in strati di maglia tinta a mano nei colori di un autunno tra il Vermont e una metropoli del nord, accorpati fino a diventare compatti come feltro. Il bello è che fuori dalla sfilata sotto la bufera di neve la blogger Chiara Ferragni si faceva fotografare a pancia nuda: una tempra degna di miglior causa.

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