Sotto le guglie restaurate la storia della città che cambia

Passanti sempre più frettolosi e inconsapevoli di quale magnificenza e maestosità si erge sopra le loro teste si muovono sul sagrato del Duomo, le cui pietre sì, andrebbero restaurate. Eppure quando nel XIV secolo venne eretta quella magnifica cattedrale in stile tardo gotico, tardo, rispetto ad altri Paesi d’Oltralpe, grandiosa, seppur dolente e cupa, Milano ebbe la sua connotazione, il suo monumento da potere celebrare in tutto il mondo. Si sa che fu un frutto di maestranze che vi lavorarono e che i magnifici marmi di Candoglia arrivavano per le vie d’acqua, i navigli, su barconi e chiatte; un’impalcatuta che non cessò di essere ricollocata perché la «Veneranda Fabbrica del Duomo» è da sempre un eterno continuo non fermarsi.
Non va dimenticato, ora che anche il restauro di queste ultime guglie è completato, che da lassù si è sempre potuta vedere tutta la città circondata dalla montagne, dal Monte Rosa, dalle Grigne, dal Resegone, ma anche la Torre Velasca, grande monumento alla Modernità dello studio BBPR, Palazzo Carminati, al quale purtroppo sono state tolte le belle insegne pubblicitarie al neon, pezzi di vero design, Palazzo Reale, l’Arengario, il Castello e la Via Del Sempione. Dove un tempo c’era l’isolato del Rebecchino per opera di Luca Beltrami ora si può meglio vedere Palazzo Giureconsulti e quello della Regione e il Cordusio con i Palazzi progettati da Beltrami stesso con via Dante e il Castello da lui restaurato ridotto a un comulo di macerie, perché era stato trasformato in una fortificazione spagnola mal ridotta e il suo campanile, la Torre disegnata dal Filarete, colpita da un fulmine venne ripristinata dallo stesso Beltrami.
Ma torniamo a quelle guglie che tanto arriva anche l’architetto Gaudì. Anche Notre Dame a Parigi non è tanto alta, mente Reims è di tutt’altra statura. La bassezza del nostro Duomo e di conseguenza la proporzione e il contrasto con le sue svettanti guglie lo dobbiamo a Giuseppe Brentano, un allievo di Beltrami che arrivò secondo, dopo il Maestro e scelse di fare un progetto a cupola, a capanna abbassando così la sua facciata, appiattendola.
Ma a dominare le belle guglie bianche, oggi più che mai, è la Madonnina piantata lì dal 1774 che luccica al sole e brilla la notte. Finalmente tutto ristrutturato, incluse le belle finestre di vetri colorati, sempre accese. Da sempre la nostra Cattedrale è stata dal 1300, così come a cavallo tra il 1800 e il 1900, quando vi lavorò Brentano, ricca di segreti e di storia. Gaetano Salvemini lo attribuiva al fatto che era una contiinua fabbrica , un cantiere infinito, lo testimonia il bel museo del Duomo che sta al suo fianco destro. In ogni caso è difficile ignorare il grido di dolore che filtra attraverso le sculture tipiche gotiche cavate dal prezioso marmo candido che lo smog ricopre senza pietà. Giovanni Testori aveva detto che quel lamento che filtra dalle guglie è quasi un pianto tragico per scuotere cittadini e politici a prendersi cura del capoluogo lombardo, l’eco-pass non è stata una soluzione al problema dello smog e del traffico: «Si paga per inquinare», dicono i milanesi. Le immagini sacre sul tetto del Duomo i doccioni decorati, i pluviali che assomigliano tanto a mostri umanizzati che urlano il loro dolore sacro ci riportano sempre al giorno dalla sua prima costruzione terminata nel 1396; pinnacoli e allegorie sono stati fotografati dai più grandi artisti del mondo e quando in un famoso film Totò arriva a Milano con Peppino, dove si trova a discutere con un «ghisa»?. In Piazza del Duomo, tra francesismi e un italiano burlesco.
Davanti al vecchio Camparino o Zucca, si trovavano Giorgio Strehler, Paolo Grassi, Ferruccio Parri, Sandro Pertini, Ennio Flaiano, Gaetano Afeltra, Camilla Cederna, Carla Fracci, Ugo Mulas, Dino Buzzati che più volte lo dipinse, Stendhal, Carlo Emilio Gadda….E nel libro fotografico di Marco Anelli, «All’ombra del Duomo», edizioni Contrasto, attraverso i suoi scatti in bianco e nero, sono raccolti brani di scrittori che hanno avuto a che fare in qualche modo con la Veneranda Fabbrica del Duomo e le sue meravigliose guglie attorno alle quali si raccoglie il mistero di secoli. E chi da bambino non è salito volutamente a piedi dalle strettissime scale claustrofobiche, invece di usare gli ascensori, per toccare il «tetto di Milano». Recentemente le sue Guglie sono diventate anche il palcoscenico di concerto come quello di Josè Carreras e Charles Asnavour o di altri di musica classica. Le sue scultute si sono affilate ancora di più illuminate da laser colorati specie d’estate. E proprio in questi giorni che stanno terminando le sfilate di moda, sono stati tanti i milanesi che hanno urlato «orrore!» a quel lungo capannone bianco destinato alla moda che dal fondo della piazza impedisce di vedere il sagrato e i magnifici portali in bronzo della sua facciata. Come nello stesso modo era stata criticata l’idea di piantumare con alberi la piazza.
Ma torniamo al completato restauro che ha coinvolto numerose imprese e il nuovo spirito della Curia ad adattarsi a una certa pubblicità per raggiungere il vero e unico fine, quello di fare tornare agli antichi splendori il monumento tanto amato dai giapponesi. Quelle ultime guglie della facciata disegnate dall’architetto Giuseppe Brentano nel 1887 e quegli splendidi acquarelli del progettista Luca Beltrami dello stesso anno, ancora più gugliette lavorate, ricamate di quelle della nuova facciata di Brentano che parlavano di restauro stilistico, di illustrazione storica, come due aspetti della stessa funzione narrativa.

Oggi rimane un limite selettivo nel carattere d’arte da parte dei critici: il restauro di un’opera d’arte e di un monumento, la differenza che c’è tra restauro scientifico e quello interpretativo. Ma ciò che ancora una volta si è compiuto è stata l’unione tra gesti fisici e spirituali.

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