Spacey e Freeman invischiati in un giallo assurdo e violento

Quanto marcio nel Palazzo, tuona l’esordiente David J. Burke, passato (purtroppo) alla regia dopo vent’anni di giornalismo. La sua scarna biografia non precisa però se al Washington Post o all’equivalente della Gazzetta di Peretola. Una lunga militanza, che con l’aiuto di una sfrenata fantasia, e, si presume, di ricorrenti incubi notturni, gli è servita per scrivere il delirante soggetto alla base di questo Edison City.
Nell’immaginaria città del titolo impazza un nucleo speciale di polizia, la Frat. Il malvagio sergente (bianco) Lazerov (Dylan McDermott), accompagnato dal timoroso e per nulla consenziente collega (nero) Deed (LL Cool J), fa secco uno spacciatore, gli frega i 40 mila dollari dell’incasso e infila nel pugno del suo terrorizzato complice (nero) Isahia la fumante pistola del delitto. Due contro uno: se il pusher parlasse non avrebbe speranze. In tribunale la titubante deposizione del poliziotto per così dire buono desta i sospetti dell’aspirante giornalista Josh Pollack (Jake Timberlake), che lavoricchia in un foglio da quattro dollari, l’Heights Herald, diretto di malavoglia dall’ex Pulitzer scansaguai Moses Ashford (Morgan Freeman). Sono cose troppo grosse per noi, sibila il vecchio reporter. Ma il ragazzo ha la testa dura.
Di più non si può dire, salvo aggiungere che il concitato pastrocchio è infarcito di dialoghi involontariamente comici, una musica martellante e un’agghiacciante violenza.

Nel processo sommario alla polizia corrotta s’infila anche l’imparruccato Kevin Spacey. Se il personaggio non riesce a distinguere il bene dal male, l’attore ormai confonde i film decenti con le boiate.

EDISON CITY (Usa, 2005) di David J. Burke con Jake Timberlake, LL Cool J. 95 minuti

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