Spaghetti contro risotto La coppia Nord-Sud litiga soprattutto a tavola

Lui: «Gli spaghetti non vanno spezzati e si cuociono con molta acqua e fuoco vivace. Anzi, ci penso io che è meglio. Così almeno saranno al dente». Lei: «Hai bruciato di nuovo il risotto!? Dovresti aver imparato che il brodo va aggiunto poco per volta e la fiamma dev’essere bassa». Puo far sorridere in tempi di globalizzazione e società aperte e permeabili, però le coppie italiane formate da una lei del Nord e un lui del Sud, o viceversa, litigano ancora, e molto, per motivi «etnici». Ovvero per tutto ciò che attiene all’imprinting, lo stampo, geoculturale dei partner: stili di vita e di consumo, usanze sociali, pratiche domestiche... Ma soprattutto in cucina e a tavola.
Lo attesta una recente ricerca condotta dall’associazione culturale Genti e Paesi (e la sua emanazione Club dei Single) il 78% delle persone che hanno partner di città diverse dalla propria dichiara che le forti differenze nelle abitudini creano incomprensioni e difficoltà alla coppia. Otto su dieci. A 150 anni dall’Unità d’Italia, dopo il rimescolamento etnico provocato dallo Stato nazionale e quattro o cinque generazioni di matrimoni misti fra calabresi e venete, campani e lombarde, piemontesi e siciliane, liguri e sarde eccetera e viceversa. Siamo ancora a «mogli e buoi...». Eppure la faccenda della pasta e dell’arborio, ovvero delle discussioni sulla superiorità dell’extravergine sul burro e delle lacerazioni emotive scatenate da un moto di ribrezzo per il sanguinaccio potentino o la mostarda di Cremona, riguarderebbe soprattutto i giovani. La maggior parte del campione del sondaggio, infatti, è formato da persone che intrattiene una relazione a distanza, spesso nata durante le vacanze, con partner di città diverse dalla propria. Negli amori interregionali, il 52% degli interpellati confessa di aver notato le maggiori differenze col partner proprio a tavola o ai fornelli. Fra pentole e padelle, insomma, il melting pot all’italiana non ha funzionato. Così dovrebbero concludere, di fronte a questi dati, gli studiosi della civiltà gastronomica dello Stivale che esaltano giustamente come una grande ricchezza culturale la varietà delle cucine dei nostri cento campanili. Evidentemente ci sono ancora tanti italiani, maschi e femmine, che oltrepassano l’orlo della crisi di nervi per il penetrante effluvio di cipolla del sugo alla Genovese, specialità della tradizione napoletana tornata felicemente in auge, o per l’feroce profumo di fuoco, salvia e cacciagione dello spiedo bresciano, summa gastronomica della trimillenaria civiltà silvo-agro-pastorale prealpina. O per le numerose versioni del formaggio con i vermi, quasi tutte meridionali e ormai pressoché introvabili.
Cibo a parte, la maggior parte del campione del sondaggio riesce a sorvolare. Perché «soltanto» il 24% trova intollerabili, nell’altra metà della coppia, l’organizzazione del tempo e gli orari di pranzo e cena. E «solo» il 10% non sopporta l’eccessiva (o scarsa) attenzione dedicata dal partner a rituali festivi come la celebrazione del santo patrono e dell’onomastico.

E ancora, «solo» il 6 dichiara che i contrasti nascono per i pregiudizi della famiglia e dei parenti, propri o del partner.
E se tanti amori Nord-Sud vanno in tensione sulla gastronomia, proviamo a immaginare quante coppie davvero miste (lui italiano e lei cinese, un arabo e un’italiana...) si sono dissolte a tavola o in cucina.

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