Gli 80 anni di Terence Hill, l'allegro cow-boy dagli occhi di ghiaccio

Compie 80 anni Mario Girotti alias Terence Hill, 50 anni di carriera tra i western comici con l'amico Bud Spencer fino al successo di Don Matteo. Lo raccontano due attori che hanno avuto in dono la sua amicizia: Sal Borgese e Veronica Bitto

Gli 80 anni di Terence Hill, l'allegro cow-boy dagli occhi di ghiaccio

Terence Hill, lo scanzonato cow-boy dagli occhi di ghiaccio che si è tolto il cinturone per vestire i panni del prete-detective, compie oggi 80 anni. Una vita intensa, vissuta sulla cresta dell'onda grazie alla notorietà conquistata grazie ai film con Bud Spencer (ben 16 in 27 anni, quasi tutti campioni d'incassi). A partire ovviamente da Lo chiamavano Trinità, il capolavoro del 1970 da cui è iniziato tutto. Un film il cui successo è stato talmente grande - ha raccontato una volta Terence Hill alias Mario Girotti - che "in alcune sale ci furono problemi a contenere l'entusiasmo con molte persone che a scopo di rivedere il film subito una seconda volta rimasero seduti nella sala". Da allora Terence Hill non si è mai fermato: attore, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, l'ultima volta nel 2018 con il film Il mio nome è Thomas. Senza dimenticare le 11 stagioni di Don Matteo, il sacerdote che con arguzia e simpatia risolve i cold cases di un piccolo paese della provincia umbra.

Infanzia e prime esperienze artistiche

Terence Hill nasce a Venezia il 29 marzo 1939. Il padre è originario di Amelia, in provincia di Terni, mentre la madre è tedesca. Quando Mario non ancora Terence ha quattro anni, la famiglia Girotti si trasferisce in Germania. Poi, al termine della guerra, si stabilisce prima ad Amelia e poi a Roma. È nella Capitale che il piccolo Mario diventa presto un enfant prodige. Da ragazzo comincia a praticare il pugilato, il vero grande amore sportivo della sua vita. E si iscrive allo stesso circolo di nuoto dove gli occhi delle ragazze sono tutte per un omaccione che per primo ha corso i 100 metri stile libero in meno di un minuto: un certo Carlo Pedersoli, che diventerà famoso con il nome di Bud Spencer. A 12 anni Terence Hill supera un provino per una piccola parte nel film Vacanze col gangster (regia di Dino Risi). Il primo di un elenco infinito di ruoli nei panni dell'adolescente, etichetta che riesce a staccarsi di dosso solo nel 1963 grazie a Luchino Visconti che lo chiama ne Il gattopardo. "È grazie a Luchino Visconti se ho deciso di intraprendere la carriera di attore, perché sino ad allora non ero ancora convinto che quella fosse la mia strada", ha svelato successivamente.

L'incontro (casuale) con Bud Spencer e il successo di Trinità

Dopo avere vissuto e lavorato qualche anno in Germania, nel 1967 Terence Hill viene scritturato per lo spaghetti-western Dio perdona... Io no. È il film che per la prima volta lo vede recitare a fianco di Bud Spencer. Un incontro che avviene per caso. Infatti, l'attore scritturato per la parte del co-protagonista di Spencer si rompe il piede poco prima dell'inizio delle riprese. Hill viene chiamato in fretta e furia. La coppia piace. Funziona. I due abbandonano definitivamente i loro nomi italiani per adottare gli pseudonimi che tanto andavano di moda in quegli anni. Non un vezzo narcisistico, ma un mezzo estremamente efficace per rendersi appetibili nel mercato internazionale. A Girotti vengono proposti 14 nomi diversi. Lui accetta di chiamarsi Terence Hill. Il motivo? Nome e cognome hanno le stesse iniziali della madre. Un caso, ancora una volta. Come è un caso il ruolo di Trinità che il direttore della fotografia prestato al ciak, Enzo Barboni in arte E.B. Clucher, gli propone in un film destinato a fare epoca: Lo chiamavano Trinità, il primo western in cui si spara poco e si ride tanto, e dove botte e sganassoni prendono il posto delle pallottole.

Terence Hill non dovrebbe essere della partita. La produzione ha scelto Franco Nero ma l'attore parmense, reduce qualche anno prima dall'enorme successo di Django, ha già un impegno. Terence Hill gli assomiglia e infatti il produttore di Trinità, Italo Zingarelli, lo chiama per affiancare Bud Spencer. La storia di una delle coppie più amate del cinema italiano, con frotte di fans in Germania e Ungheria, inizia proprio da qui. E il successo di Terence Hill comincia dalle prime battute del film quando, accompagnato dalle note della splendida colonna sonora di Franco Micalizzi, il pigro e indolente Trinità si lascia trascinare in una locanda dal suo fido cavallo. Entra nel locale e si fa portare un'enorme padella di fagioli che divora con enorme soddisfazione. Per rendere la scena ancora più realistica, prima di girarla la produzione obbliga il povero Terence a rimanere a digiuno per 36 ore! Quindi l'incontro con il fratello Bambino (Bud Spencer), un ex fuorilegge diventato sceriffo con cui aiuta una comunità di mormoni a liberarsi dal giogo del latifondista Harriman e dai banditi guidati dal cattivissimo Mezcal. E senza (quasi mai) sparare un colpo. Un miracolo.

Sal Borgese: "Il mio amico Terence? Un antidivo"

Chi conosce bene Terence Hill è Sal Borgese. Attore e stunt-man in circa 80 film di vario genere, Sal Borgese ha lavorato con lui in diversi film. "La mia amicizia con Terence - racconta - risale al periodo de Il corsaro nero, anche se già ci conoscevamo per il fatto di frequentare i campi sportivi dell'Acqua Acetosa, a Roma. Siccome è originario di Amelia, in provincia di Terni, quando parlavo con lui mi divertivo a fare l'accento umbro. E rideva di gusto! Da allora non è cambiato di una virgola. Per quanto riguarda l'aspetto umano è una persona stupenda, il classico antidivo. Stessa cosa per la parte professionale: è sempre stato molto preciso, molto rispettoso negli orari. Un ricordo dai set dove abbiamo recitato insieme? Beh, ricordo che si recitava in inglese. Terence - spiega Borgese - era molto attento pronunciare bene le parole. Mentre Bud non era così preciso sugli accenti".

Inevitabile, per Borgese, parlare del successo di Trinità. "Nei giorni in cui stava per uscire al cinema stavamo girando le ultime scene de Il corsaro nero a Peschiera del Garda. Ricordo che tornando a Roma vidi un maxi manifesto di Trinità e lì capii che era diventato un attore davvero importante. Ma non l'ha mai fatto pesare. E infatti - continua Borgese, che in 60 anni di carriera ha lavorato con registi come Dino Risi, Mario Monicelli e Damiano Damiani - mi ha voluto come stunt-coordinator nei film dove non c'era Bud Spencer. La collaborazione più bella? In Poliziotto Superpiù: sono stato molto tempo sul set e ho curato tanti dettagli. Ci sentiamo spesso, ma per un motivo o per l'altro non riusciamo mai a vederci. Peccato perché con Terence si lavora benissimo. Ricordo anche la mia esperienza in Don Matteo, dove sono comparso nella prima e nella quinta serie. La cosa strana è che la prima volta ero morto, poi la produzione mi ha fatto rivivere! Tornando a Terence, è una persona che ama muoversi molto. Non ha mai fumato, è molto attento all'igiene e all'alimentazione. Tanti auguri amico mio! Vediamo di prenderci questo maledetto caffè...".

Il successo con Bud e il grave lutto familiare

Il mito di Bud Spencer & Terence nasce con Trinità dove, usando le parole del figlio di Bud, Giuseppe Pedersoli, "Non c’erano morti né spruzzi di sangue, ma battute esilaranti e situazioni divertenti che potevano essere facilmente comprese da un pubblico internazionale". Una ricetta che negli anni a venire ha continuato a caratterizzare i film della coppia. Dal sequel ...Continuavano a chiamarlo Trinità ad ...Altrimenti ci arrabbiamo! passando per ...Più forte ragazzi!, con il passaggio dal western alla commedia che non ha intaccato la capacità di Bud&Terence di sbancare il botteghino. Affiatatissimi, sul set e nella vita reale. E soprattutto senza mai prendersi troppo sul serio, pensando solo a regalare un sorriso a grandi e piccoli con i classici ingredienti dell'action movie. Questo il segreto dietro al mito della coppia, mai tramontato e anzi, cresciuto dopo la morte di Bud, nel 2016.

E Terence? Fedele al suo carattere - i suoi amici lo descrivono come una persona socievole a cui non dispiace la solitudine - è sempre rimasto lo stesso ragazzo che adorava praticare sport rimanendo a contatto con la natura. Non a caso, da tempo, trascorre lunghi periodi negli Usa nel suo ranch in Massachussets. Lunghi periodi trascorsi in compagnia della moglie, Lori, e del figlio Jess. Terence aveva anche un figlio adottivo, Ross, giovane promessa del cinema strappata alla vita da un tragico incidente stradale, nel 1990. La scomparsa di Ross ha fatto vivere a Terence un lungo periodo di depressione, preceduto negli anni Ottanta da una rivisitazione del capolavoro di Guareschi - Don Camillo - e dagli ultimi successi in compagnia di Bud Spencer, come Chi trova un amico trova un tesoro, Nati con la camicia e Miami Supercops, fino all'ultimo capitolo Botte di Natale, del 1994.

Lo sbarco in tv: Lucky Luke e Don Matteo

Intanto, però, Terence Hill ha fatto la sua prima esperienza in televisione. È il 1992 quando esce Lucky Luke, miniserie western basata sull'omonimo personaggio dei fumetti, uno sceriffo che mantiene l'ordine e risolve i casi più spinosi senza mai usare le armi. Un ruolo che, inevitabilmente, si adatta alla perfezione a Terence Hill, incaricato di mantenere l'ordine a Daisy Town, tipica cittadina del far-west in cui lo sceriffo veglia sul villaggio insieme al fidato destriero Jolly Jumper e ponendo rimedio alle malefatte dei fratelli Dalton. Insomma, non mancano i classici elementi del western comico in cui l'attore romano non può che trovarsi a suo agio. La stessa cosa avviene alla fine degli anni Novanta con una nuova serie tv destinata a diventare tra le più longeve d'Italia: Don Matteo. Anche questa volta, tutto avviene un po' per caso. All'inizio i produttori pensano a Lino Banfi e Giancarlo Magalli, ma alla fine virano proprio su Terence che li convince a cambiare il nome al personaggio.

"Deve chiamarsi Matteo", consiglia Terence. Il quale avrebbe poi raccontato: "Don Matteo è come Trinità. All'inizio avrebbe dovuto chiamarsi Don Teodoro ed era un prete un po' tradizionale. L'ho voluto trasformare, lo dissi ai Bernabei: 'Non mi sento Teodoro, che facciamo?'. Mi chiesero di trovare un nome. Mi piaceva Matteo, un nome forte. È atletico come mi sento io, perché limitarlo fisicamente? Perché doveva essere un prete striminzito curvo pentito? Ce ne sono tanti di sacerdoti energici". E infatti il suo Don Matteo è un sacerdote atletico, che gira in bicicletta ma soprattutto è un investigatore formidabile. Il maresciallo Nino Cecchini (Nino Frassica) ne invidia il talento investigativo e per questo tra i due c'è una sana rivalità che sfocia in una sincera amicizia. Una formula che piace al grande pubblico e infatti la serie è arrivata all'undicesima stagione, l'ultima nel 2018.

Veronica Bitto: "Un sogno lavorare insieme a lui"

Sempre nel 2018 esce l'ultimo film di Terence Hill, Il mio nome è Thomas, un western on the road girato tra Italia e Spagna con il protagonista che viaggia attraverso il deserto, in sella alla sua motocicletta, per riscoprire se stesso. Co-protagonista è una giovane attrice milanese, Veronica Bitto, che descrive così la sua emozione di lavorare con un mostro sacro come Terence Hill. "Ricordo l'ultimo provino, quello decisivo. C'era anche lui: ero agitatissima. Sono cresciuta a pane e scazzottate con tre fratelli maschi (e papà) appassionatissimi di Bud Spencer & Terence Hill. Ne avevo un'immagine leggendaria. Quando la mia agente mi ha chiamato per dirmi che ero stata presa per Il mio nome è Thomas, piangevo di felicità e correvo per casa saltellando! L'avevo già conosciuto sul set di Un passo dal cielo, nel 2014, ma in quell'occasione avevamo chiacchierato solo un'oretta".

"Il primo incontro 'vero' è stato prima dell'ultimo provino per Il mio nome è Thomas. Stavo aspettando fuori dal suo studio, è uscito per prendere un caffè e mi ha detto di accompagnarlo. Era interessato al mio punto di vista, ad ascoltarmi, a sapere cosa ne pensassi del personaggio e della trama. Il suo modo di essere dentro e fuori dal set? Sempre puntuale, sempre molto generoso nel dedicare tempo a tutti. Sempre disponibile a discutere le scene e lavorarci insieme. Preciso e serio, ma allo stesso tempo leggero e felice di essere lì e comunicava questa gioia a tutti. Fuori dal set continuava a essere dolce, disponibile e allegro. La scena più bella? Quella sotto il cielo stellato, quando gli descrivo le costellazioni e finalmente gli dico che ho paura, ammetto di essere fragile. Quando l'abbiamo girata c'era una bellissima atmosfera sul set. Di sera in mezzo al deserto... si è creata come una magia", aggiunge Veronica prima di spiegare così il segreto del successo di Terence Hill: "Essere sempre se stesso, genuino, diretto. Avere una famiglia incredibile che lo adora e lo sostiene.

Amare enormemente il suo lavoro. Sapersi prendere il tempo per riposare, raccogliere le idee, stare a contatto con la natura e insieme alla sua famiglia. E soprattutto senza lasciarsi trascinare dalla corrente". Tanti auguri Terence!

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