Los Angeles - Finalmente si può vantare un trionfo italiano. Almeno nel cinema. La grande bellezza di Paolo Sorrentino l'altra notte ha vinto il Golden Globe come miglior film straniero. Il premio è assegnato dalla stampa estera residente a Los Angeles ed è un riconoscimento importante che apre le porte agli Oscar. «Dedico questo premio all'Italia, paese pazzo e bellissimo», ha detto Sorrentino ricevendo la statuetta, vinta per l'ultima volta da Tornatore nel 1990 con Nuovo cinema Paradiso.
«Consideravo una fortuna solo l'esser stato candidato - ha detto il regista -. Questo premio è ancor più bello se consideriamo la qualità degli altri film in concorso. So che a Hollywood molti vedono La grande bellezza come una sorta della Dolce vita al giorno d'oggi. Secondo me il cinismo e la decadenza della società ritratta nel mio film non s'apparenta alla Roma - o Italia - di Fellini degli anni '60. Eppure spero che Fellini e Mastroianni approvino con un sorriso questo nostro omaggio trasversale e trasgressivo, dall'Aldilà».
Per i premi principali, 12 Years a Slave ha vinto come miglior film, anche se era candidato a molte più statuette: sette. Quindi un po' di delusione per il regista Steve McQueen. Il resto è stato tutto un trionfo della malavita: American Hustle ha vinto come miglior film, sezione commedia/musical; Leonardo Di Caprio miglior attore «comico» per Il lupo di Wall Street, nel ruolo del debosciato broker che accumula miliardi in titoli spazzatura; Matthew McConaughey miglior attore «drammatico» per Dallas Buyers Club nel ruolo dello spacciatore ammalato di Aids; Amy Adams migliore attrice per la truffatrice in American Hustle, Jennifer Lawrence non protagonista per lo stesso film. Come se non bastasse, Globe come miglior serie drammatica per l'ultima stagione di Breaking Bad, e a Bryan Cranston (nel ruolo di Mr. White), il borghese piccolo piccolo che diventa un boss «cucinando» e spacciando metanfetamina.
Durante la luccicante serata di gala, ha sorpreso la mancanza di riferimento all'attualità e ai dolori sociali nei discorsi di ringraziamento dei vincitori, primo tra tutti - in negativo - il regista di colore Steve McQueen che ricevendo il premio per 12 Years a Slave si è limitato a ringraziare agenti, manager e attori, senza proferire verbo sulla tragedia della schiavitù, tema del film. Tantomeno ha detto McConaughey sulla tragedia dell'Aids e della mancanza di farmaci approvati dalle autorità agli albori dell'epidemia, né Jared Leto, Globe come attore non protagonista per lo stesso film, nel ruolo del travestito che «converte» l'omofobico McConaughey. Trend da registrare, il travestimento: Golden Globe a Michael Douglas come migliore attore di telefilm in Dietro i candelabri nel ruolo del gay e kitschissimo Liberace. Ha provato a dire qualcosa Leonardo Di Caprio ringraziando Martin Scorsese, «maestro, guida e mentore per la mia generazione, quelle precedenti e altre a venire. Aver lavorato con lui in cinque film mi ha reso quello che sono oggi, forse un attore degno di questo premio».
La 71esima edizione dei Golden Globe è stata trasmessa in diretta dalla NBC dalla grande sala da ballo del Beverly Hilton. Presentatrici le comiche Tina Fey e Amy Poehle. Nel loro duetto d'apertura hanno preso in giro un po' tutti. La battuta forse più riuscita è stata quella su George Clooney, tra i pochi divi non presenti in sala, a proposito di Gravity (diretto dal messicano Alfonso Cuaron, vincitore come miglior regia): «Gravity è la storia di come Clooney preferisca perdersi e morire nello spazio piuttosto che trascorrere un minuto di più con una donna della sua età».
Poi, dopo la kermesse noiosa e ripetitiva dei ringraziamenti, via alle feste del dopo Globe. Sorrentino, a Los Angeles senza il suo protagonista Toni Servillo, è stato festeggiato da Harvey Weinstein (la cui compagnia ha distribuito La grande bellezza in Usa). «Dopo tanto lavoro è ora di celebrare non solo me stesso ma tutto il cinema italiano - ha detto Sorrentino -. Mi fa piacere che l'America e il resto del mondo ancora guardino alla nostra cultura con curiosità e rispetto.
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