«Sono più orgoglioso del 42% dell'altra sera che del 53 dello scorso anno». Amadeus difende a spada tratta il suo Festival. Non vuole giustificare il calo degli ascolti, ma rivendica il coraggio di essere andato in scena nonostante tutto e tutti. E ricorda che questa situazione è unica nella storia e come tale va considerata. La gente è stanca e arrabbiata e ci sta che non abbia tanta voglia di divertirsi. Tutto, vero. Tutto giusto. Nessuno si straccia le vesti.
Ma è anche doveroso chiedersi perché gli italiani, chiusi in casa alla sera, costretti a stare sul divano a guardare la tv, non si siano riversati in massa a seguire quello che dovrebbe essere lo spettacolo dell'anno. Il confronto con la scorsa edizione, guidata sempre da Amadeus e Fiore, è impietoso, anche se i vertici Rai ripetono come un mantra che i dati non sono paragonabili perché il Festival nel 2020 andò in onda a febbraio, l'ultimo evento prima del lockdown. La media della seconda serata è stata del 42,1% con 7.585.000 spettatori: 11 punti di share e due milioni di spettatori in meno dell'anno scorso, quando si era raggiunto il record del 53% e 9.693.000 spettatori.
Già la sera del debutto di martedì si era evidenziato un netto calo, l'altro ieri il divario è cresciuto. Per avere risultati così bassi bisogna tornare al Festival di Conti del 2015. E non si può neppure giustificare l'accaduto con il fatto che la platea fosse più ampia l'anno scorso perché i numeri sono gli stessi. Certamente parte di quei due milioni persi (un milione e 300 mila per la precisione) hanno preferito seguire i match di campionato piuttosto che le canzoni di Irama&Co. Però non tutto si può imputare alla concorrenza con il campionato. A chi gli chiede se qualche ragione vada trovata nella proposta musicale (tanti giovani poco conosciuti al pubblico maturo) o nella ripetizione dello spettacolo dell'anno scorso (la centralità del duo con Fiorello), Amadeus replica: «A me i dati sorprendono, ma in positivo. È già un miracolo... Siamo in guerra. Dobbiamo ricordarci il momento storico in cui stiamo vivendo, ci sono persone che non sanno se la sera possono mettere in tavola un piatto, la gente è disperata, e magari non ha molta voglia di svagarsi. Quando sei arrabbiato non hai tanta voglia di accettare l'invito a una festa». In più: «Abbiamo fatto il miglior programma televisivo che si potesse fare in queste condizioni. Tutto intorno non c'è l'evento come gli altri anni, con il pubblico e tutto il contorno.
Lasciatemelo dire: in questo momento Sanremo è il programma televisivo più che forte che ci sia, ma è un programma tv, perché tutto il resto ci è stato tolto». Insomma, una «rosa nel deserto», come ha sentenziato il direttore Stefano Coletta. Ma anche le rose si possono giudicare.
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