"Gli anni più belli": grazie a Gabriele Muccino si ritorna a piangere di gioia

Era da tempo che il cinema italiano non riusciva ad emozionare in maniera così profonda e totale. "Gli anni più belli" di Gabriele Muccino è riuscito a fare questo e molto altro in un film che arriva a toccare corde profondissime dell'anima

"Gli anni più belli": grazie a Gabriele Muccino si ritorna a piangere di gioia

Profondo, intenso, nostalgico, “Gli anni più belli” di Gabriele Muccino, in uscita il 13 febbraio, 01distribution è un film sulla vita di quattro amici, che racconta le vite di ognuno di noi. Impossibile vederlo e non fare tre cose: commuoversi, rivivere e uscire dal cinema sentendosi in pace con il mondo.

Forse uno dei film più belli del regista de “L'ultimo Bacio” che dentro a questa pellicola ha messo tutto il suo percorso cinematografico e la sua vita, arrivando ad una catarsi creativa difficilmente possibile di replica. Ogni personaggio è una primavera di emozioni, fatta di temporali improvvisi, di grandinate e di sole che esce prepotente dalle nuvole e asciuga le inevitabili lacrime della vita.

Quattro amici per la pelle, Giulio (Pierfrancesco Favino), Gemma (Micaela Ramazzotti), Paolo (Kim Rossi Stuart) e Riccardo (Claudio Santamaria), in una Roma dei primissimi anni ottanta, legati e complici in una vita a volte dura, che non intacca però la felicità della loro giovinezza, degli anni più belli appunto, che li vedono crescere tra corse in auto in mezzo ad una campagna romana che sembra dipinta, e i primi amori fatti di fremiti leggeri come le ali del cardellino che per tutta la prima parte del film è l’amico inseparabile del giovane Paolo, interpretato da adolescente dal bravissimo Andrea Pittorino. E ancora lunghi baci senza fiato che fanno battere forte il cuore, incorniciati dalle canzoni di Claudio Baglioni che firma anche l'inedito che dà il titolo alla pellicola.

Intorno a loro il mondo, fatto anche di padri duri e di madri malate, che rompono l’incanto e creano il viatico per l’inizio della vita e della crescita. E così come le ali del cardellino che si spezzano, lo fanno anche le loro vite che prendono tante strade come fossero cerchi nell’acqua che arrivano a toccare diverse rive. Quella del successo di Giulio, della lontananza di Gemma, dell’amore per la conoscenza di Paolo, e quello dei i sogni di Riccardo. E tra tutti Gemma, l’amore puro di Paolo, a tratti calpestato e sporcato dalla vita di lei fatta di storie sbagliate, di profonde ferite che arrivano dall’anima, di addii e ritorni sempre legati dal filo invisibile del ricordo, di quello che si era e che nonostante tutto, non si può cambiare.

Un film corale sull’amore in tutte le sue più profonde sfumature dell’anima, che va dall’amicizia ai cerchi non chiusi della vita, che gioca con i destini dei protagonisti divertendosi a mescolarli senza fiaccare il desiderio di quegli anni, “i più belli”, che come brace covano sotto le ceneri di matrimoni che finiscono, (un cenno di merito a questo proposito ad una bravissima Emma Marrone, per la prima nei panni d'attrice) del successo che lascia vuoti profondi e dell’unica vera cosa che darà senso e seguito a tutto: i figli. Visti come appendici a volte dolorose, come riscatti, come amore puro a cui dare il compito di capire chi si era e cosa si può diventare sempre sotto un cielo in cui immutabile e perenne alla fine esce sempre il sole.

Quattro magistrali attori, che lasciano un segno profondo con la loro interpretazione e che regalano emozioni in ogni scena, superbamente diretti da Gabriele Muccino, che in questa pellicola ha investito tutte le sue emozioni e i suoi vividi ricordi, che hanno le note e la musica di Nicola Piovani e che toccano le corde profonde dell’anima. Un dipinto che ha sullo sfondo la storia del nostro paese che si intreccia a quella dei protagonisti dando profondità e carattere alle loro storie dolci e amare, colorate da una fotografia che incanta.

Un sogno covato da lungo tempo da Gabriele di cui si vedono i primi accenni già agli albori dei suoi lavori, che è quasi una dedica a Ettore Scola in “C’eravamo tanto amati”, quando intorno al tavolo di un ristorante si ritrovano quegli ‘anni più belli’ nel ricordo di tre amici, e in una frase, detta da Paolo che chiude il cerchio della pellicola: “Le cicatrici sò il segno che è stata dura, il sorriso è il segno che ce l’abbiamo fatta".

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