“La politica? Un disastro. Ciò che il popolo vuole, viene sempre disatteso”. Se lo dice Al Bano, pseudonimo di Albano Carrisi, 78 anni tra poco più di un mese, forse c’è da fidarsi. Perché Al Bano, una vita passata a cantare sui palchi di tutto il mondo, il popolo lo conosce bene. L’ha visto letteralmente scatenarsi ai suoi concerti, da Mosca a Buenos Aires passando per Cellino San Marco. Un talento unico che, spinto da un voce inconfondibile, è entrato nelle case della gente come uno di famiglia: “Quando partono le prime note di ‘Felicità’, succede ovunque la stessa cosa: è una festa. Perché? È un inno alla vita e alla spensieratezza”.
Proprio quella che sembra mancare all’Italia di oggi. Come vede il nostro Paese?
“È una nazione in ginocchio in attesa della grazia divina”.
Tutta colpa del Covid?
“La pandemia ha dato la mazzata finale, non c’è dubbio. Siamo alle prese con uno ‘tsunami covidiano’… mi piace questa espressione, rende bene l’idea. Ma tutti i problemi nascono dalla politica. Quella vera è morta con Andreotti e Craxi”.
Addirittura?
“Certo. Perché ormai da più di vent’anni da noi è impossibile governare. Chi ci prova, viene fatto fuori. Prenda l’esempio di Berlusconi prima e di Salvini poi: il leader della Lega è stato mandato a processo per aver fatto semplicemente il proprio lavoro come ministro dell’Interno. Non metto in discussione la magistratura, ma insomma… come si fa?”
Come si fa?
“Non capisco poi perché è stato indagato solo lui. È evidente che le decisioni sugli sbarchi fossero il risultato di un’azione di governo. O tutti o nessuno…”.
Non era solo lui a decidere?
“No, erano idee condivise. E le dico di più: i cittadini quando l’hanno votato, sapevano benissimo qual era la sua politica sul tema dell'immigrazione. Anzi l’hanno scelto soprattutto per quello. Perciò le dico che in Italia il voto alla fine non viene mai preso troppo in considerazione”.
Qual è il suo giudizio sulla 'politica dei porti chiusi'?
“Guardi, mi dispiace moltissimo per la povera gente che è costretta a emigrare, sapendo che va incontro alla morte attraversando il Mediterraneo anche con i bambini. D’altronde lì dove vivono, c’è la morte in agguato. E poi io pure sono andato all’estero e so esattamente che cosa significa. Molti di loro vengono in Italia, pensando di trovare l’America e invece incontrano una situazione molto difficile. Però serve un po’ di organizzazione, non parlo di ordine altrimenti mi danno subito del fascista. E io non sono fascista…”.
Fascista no, certo… ci mancherebbe. Ma come si definirebbe politicamente parlando?
“Apolitico. Nella mia vita ho sempre votato per chi mi ha dato più fiducia, per chi mi sembrava più affidabile”.
E Draghi le sembra affidabile?
“Beh, Draghi da banchiere è stato straordinario. Ha fatto esattamente quello che doveva fare. Vedremo se a Palazzo Chigi lo lasceranno lavorare. Non ne sono convinto”.
Come giudica le misure adottate per la gestione della pandemia?
“Alcune scelte faccio fatica a comprenderle. Non capisco, per esempio, perché si può state vicini in aereo, in metropolitana, sul tram o in Parlamento, ma non a ristorante… in alcuni luoghi il Covid ha il divieto d’accesso e in altri no? Mi sembra una cosa senza senso”.
Una contraddizione che hanno fatto notare anche molti ristoratori con le loro proteste di piazza…
“Premetto: non condivo la violenza. Non è mai il modo giusto per protestare. Ma la gente non ne può più, è esasperata. Molte persone non lavorano da oltre un anno. E guardi che è difficile andare avanti così, sia da un punto di vista economico che emotivo”.
Tempi bui…
“Sì, assolutamente. Un po’ come gli anni ’70. All’inizio di quel decennio dovetti andar via dal nostro paese. All’epoca se non avevi una tessera di partito, e io non l’avevo, facevi fatica a lavorare. Per questo motivo dovetti emigrare e andare a cantare in Spagna, Sud America, Bulgaria, Australia, Stati Uniti…”.
In Italia che musica andava di moda?
“Canzoni vestite di nero. Era il tempo delle brigate rosse, della violenza, della polizia in strada. Poi tutto si è fermato con la morte di Aldo Moro. Da lì è incominciata la rinascita. La stessa che servirebbe a noi oggi. Non è un caso che ‘Felicità’ sia del 1982. È una risposta a quel brutto periodo”.
Serve una nuova ‘Felicità’?
“Ci vorrebbe. Oggi il nemico è il virus. Ma per fortuna l’antidoto ce l’abbiamo già ed è il vaccino: è la salvezza dell’umanità. Me lo ha confermato un grande medico di cui mi fido molto (e di cui Al Bano preferisce non fare il nome, ndr)”.
Su internet si legge che lei si è già vaccinato…
“Non è vero, è una fake news. Avevano detto che mi avrebbero chiamato a fine marzo, ma non l’hanno ancora fatto. Spero accada presto, ma non voglio fare alcuna polemica…”.
Ecco, però che ne pensa del piano vaccinale?
“Dovremmo prendere spunto da Israele. Netanyahu è stato bravissimo. Ha chiamato l’amministratore delegato della Pfizer, ha messo sul tavolo più soldi e ha risolto il problema. Ora il suo paese è una bolla mentre l’Europa arranca”.
Un’Europa scettica anche sul vaccino russo…
“Da quello che ne so, Sputnik è un ottimo vaccino. Dietro le scelte europee penso ci siano interessi diversi, ma non so quali possano essere. In ogni caso per l’estate mi auguro che venga vaccinata gran parte della popolazione così potremo finalmente tornare alla vita”.
Cosa le manca di più?
“Il senso di libertà, la possibilità di ridere e scherzare tra la gente, di abbracciarsi… la paura di incontrare qualcuno è un sentimento che davvero non mi piace e che, spero, dimenticheremo presto. Anche se a volte mi chiedo: che cosa sta succedendo al mondo?”.
Perché?
“È un susseguirsi di disgrazie, di calamità naturali… non solo il Covid, ma anche, per esempio, la Xylella in Puglia. Forse è la vendetta di mamma terra. Dovremmo ricordarci che siamo ospiti e figli, invece spesso ci comportiamo da incivili. Andando in giro, spesso mi capita di vedere montagne di plastica e di altri rifiuti. Non c’è amore verso la natura”.
Da cosa dipende, secondo lei?
“Le persone sono sicuramente incattivite dalle città, prigionieri di macchine e di palazzi”.
E la musica… quella di oggi le piace?
“I cantanti di oggi sono più completi rispetto alla nostra generazione. Noi eravamo più lottatori, ora invece sono più colti e molto più attenti al look. La forma è diventata fondamentale. Una dimostrazione? Le metamorfosi di Achille Lauro a Sanremo”.
Quando tornerà sul palco?
“Il 7 giugno canterò a Budapest in occasione di una grande manifestazione internazionale. Ad assistere allo spettacolo ci saranno Putin, Orbán e il presidente dell’Azerbaigian Aliev”.
Non è la prima volta che canta davanti a Putin…
“No, è successo già quattro volte. Conosce bene le mie canzoni”.
Chi è l’erede di Al Bano?
“Bella domanda, (ci pensa, ndr)…non credo ce ne sia uno”.
E allora qual è il suo segreto?
“Cerco di mantenermi in forma e mangiare bene. Ma è la testa che fa la differenza, l’importante è sentirsi giovani dentro: realisti ma sempre ottimisti”.
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