Ci vuole una mostra per celebrare l'aviatore Balbo

A parlar bene delle eccellenze storiche italiane c'è da prendersi del «fascista», perché, si sa, anche se scomparsi, «i proletari non hanno patria». Solo fazione. Figurarsi che può succedere se il responsabile di una di tali eccellenze è proprio un fascista, Italo Balbo, the aviator, cui il presidente Roosevelt decretò onori trionfali con tanto di parata che neanche Liz Taylor in Cleopatra

Ci vuole una mostra per celebrare l'aviatore Balbo

A parlar bene delle eccellenze storiche italiane c'è da prendersi del «fascista», perché, si sa, anche se scomparsi, «i proletari non hanno patria». Solo fazione. Figurarsi che può succedere se il responsabile di una di tali eccellenze è proprio un fascista, Italo Balbo, the aviator, cui il presidente Roosevelt decretò onori trionfali con tanto di parata che neanche Liz Taylor in Cleopatra. Fegataccio (due medaglie d'argento e una di bronzo nella Grande Guerra) e quadrumviro della Marcia su Roma, massone e repubblicano con tesi di laurea sul Mazzini-pensiero, a trent'anni prese il brevetto di pilota ed entrò nel Guinness (meglio: fece entrare l'Italia) con due leggendarie trasvolate, una nel 1930 in Brasile e l'altra nel 1933 negli States. Il più indipendente dei gerarchi, come fu definito, era contrario a una guerra («storica fesseria») che avrebbe trasformato gli italiani nei «lustrascarpe dei tedeschi». La storica fesseria trasformò poi metà degli italiani nei lustrascarpe degli americani e l'altra dei sovietici (oggi invece pigliano ordini dai tedeschi, i quali li pigliano da Obama). Ma qui ci interessa l'impresa Orbetello-Chicago-Roma che aprì la via alle rotte civili atlantiche e che una mostra itinerante celebra in diverse città italiane, oltre a Montreal, Chicago, New York e San Paolo in Brasile (dove è conservato l'unico dei venticinque idrovolanti balbiani). Le Edizioni del Girasole, sponsor dell'evento, hanno tirato un bellissimo volume portfolio bilingue (italiano e inglese) ricco di oltre 350 tra foto e documenti inediti (pagg. 260, euro 20), Mari e cieli di Balbo, da Orbetello a Chicago, New York e Tobruk, con corposa postfazione di Paolo Mieli.

L'impresa della Centuria Alata fece dell'aviazione italiana la prima al mondo. In un libro che dedicai ai primati storici italiani e che uscì per Mondadori e poi, ampliato, per Rizzoli, narrai la speciale passione italica per il volo (Leonardo a parte, se Blériot fu il primo a volare sulla Manica, il secondo fu un italiano), ma mi accorsi che l'Italia è ormai come Grecia, Spagna e Portogallo: grande passato, e basta. Per questo non è male lustrarsi gli occhi guardando la foto della Balbo's Avenue a Chicago o la copertina dedicata dal Time al General Italo Balbo, la sfilata sotto piogge di petali nella Fifth Avenue con le majorettes e i poliziotti a cavallo, il capo della nazione Sioux che nomina l'italiano Sakem Onorario, l'inaugurazione del monumento a Colombo, apritore della via dei mari, con incisa menzione a Balbo, apritore della via dei cieli. Due italiani. Ma è meglio mi fermi qui, perché l'antifascismo non dorme mai ed esistono in commercio pillole blu contro la decrepitezza.

Torniamo a Balbo, fascista immacolato come la sua divisa, tanto che era per un'alleanza con l'Inghilterra (forse per nostalgia massonica?), contro le leggi razziali (che disattese in Libia) e vittima di fuoco amico. Ma può l'Italia del viagra intitolargli qualcosa, tipo il milanese «Giardino Franca Rame»?

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