«L'ispettore Coliandro non ha dei fan. Montalbano ha dei fan, Schiavone ha dei fan. Anche Don Matteo li ha. Ma Coliandro no. Coliandro ha degli ultrà». I numeri non mentono: per dimostrarlo, Carlo Lucarelli tra i creatori del casinaro, spiegazzato, quanto irresistibile poliziotto - cita i seicento bolognesi per i quali un paio d'anni fa si dovette organizzare una seconda proiezione della serie tv, oltre quella prevista per soli duecento dentro la Cineteca Nazionale, «altrimenti minacciavano di sfondare le porte»; e i 5000 che intasarono la piazza Maggiore per una ulteriore, indispensabile terza occasione. «Ma io so anche di siti Rai ingolfati da mail di teleutenti inferociti ride Giampaolo Morelli - quando cinque anni fa si annunciò che la prima serie non avrebbe avuto un seguito». E che, per conseguenza, stasera - c'è da scommetterci - attenderanno con ansia l'esordio dell'inevitabile terza, su Raidue per la regia dei Manetti Bros.
Lei come se lo spiega un seguito tanto appassionato, Morelli?
«Semplice. Coliandro è un uomo comune che finisce sempre in mezzo a situazioni fuori del comune. E quindi reagisce come, nelle identiche situazioni, reagirebbe chiunque. Le donne, ad esempio: a lui piacciono molto. Anzi troppo. Ed è sempre a causa di qualche donna che, poi, si mette nei pasticci».
Mica solo per quelle. Ma anche per l'intemperanza, l'indisciplina, la goffagine...
«Appunto! E lei come crede che siano i poliziotti reali? Non a caso proprio loro hanno votato Coliandro come il più realistico fra tutti i poliziotti tv. Gli altri rispondono troppo ai clichè: hanno sempre un'aria cupa, come se gli fosse appena morta la nonna, e tolti un paio di problemi con la moglie restano comunque fichi, fichissimi. Lui è tutt'altro che fico; è uno allegro, uno che cazzeggia anche in mezzo ai drammi, uno che prende un sacco di botte (metaforiche e no) senza mollare mai. Non desta ammirazione. Semmai simpatia».
Dica la verità: se un poliziotto così lo si incontrasse nella realtà, ci sarebbe più da rallegrarsi o da preoccuparsi?
«Da preoccuparsi, ovvio. Coliandro è troppo singolare, ha modi troppo diciamo disinvolti per risolvere i suoi casi. Poi però verrebbe da essergli grati. I suoi casi, bene o male, li risolve sempre».
E non le secca di non interpretare un commissario più legato alla tradizione, uno «bello e dannato», lei che pure potrebbe permetterselo?
«Come attore non ho mai puntato sul fisico; non me ne frega niente di apparire cool. E poi Coliandro è uno con la pancetta: beve birra e mangia la pizza dal pakistano, figurarsi. Per questo, pur piacendo alle donne, sta simpatico anche agli uomini».
In tre edizioni non le è mai venuta la voglia, a lei o agli autori, di cambiarlo?
«Mai. Ormai è un'icona. E le icone non si cambiano».
Quanto questa icona ha cambiato la sua vita?
«L'ha stravolta. Gli devo tutto. Mi ha dato sicurezza, professionale e umana. Mi ha regalato una popolarità per me inimmaginabile. Mi fatto trovare moglie. Lei era una Coliandro girl: l'ho incontrata sul set. E mi ha dato due figli, cosa chiedere di più?».
Qualche anticipazione sulla nuova serie?
«Ancora una volta ci sarà di mezzo una donna. Una giapponesina della quale, manco a dirlo, lui si innamora. E mal gliene incoglierà, ovviamente: lei lo inguaierà addirittura con la mafia giapponese. Nei vari episodi avremo numerose guest star: Claudia Gerini, Marco Tognazzi, Serena Rossi. E la più sorprendente di tutte: Iva Zanicchi».
Perché la più sorprendente?
«Perché con lei ho una scena fortissima, nella quale ci pigliamo a botte. Si, ha capito bene: a botte.
E io l'atterro con una testata. Beh: spesso mi capita di chiedermi se all'inizio della mia carriera avrei mai immaginato di arrivare a questo punto. Voglio dire: tutto avrei potuto figurarmi. Ma mai di prendere a testate Iva Zanicchi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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