N on a caso derivante dalla parola volgo, per vulgata si intende la versione più diffusa di un'idea, di una concezione, di una teoria. E sradicare una vulgata erronea è uno dei compiti più difficili della storiografia e della comunicazione. La novità storiografica più rilevante del 2019, dunque, è che storici autorevolissimi stiano, giorno dopo giorno, abbattendo la vulgata di un d'Annunzio, e di un'impresa di Fiume, fascista. Per citarne solo alcuni, lo ha fatto Paolo Mieli recensendo sul Corriere della Sera il mio Disobbedisco. Cinquecento giorni di rivoluzione a Fiume. L'ha scritto di recente anche Raoul Pupo in una articolo sul Piccolo di Trieste, dopo averlo detto in un'altra conferenza al MuSa di Salò. In un'intervista al Giornale di Brescia e ancora al MuSa di Salò, nel ciclo di incontri organizzati da Roberto Chiarini, Emilio Gentile ha spiegato quanto di straordinario avvenne a Fiume nel 1920, e che d'Annunzio non fu mai fascista.
Domenica scorsa, dunque, leggevo con piacere crescente l'articolo pubblicato da Gentile sul Sole 24 Ore. Il titolo, riferito a Gabriele d'Annunzio e certamente non dell'autore, era invitante quanto approssimativo: L'eroe disoccupato a caccia di emozioni. Il testo, invece, è ineccepibile quando spiega che «L'unico atto rivoluzionario compiuto in Italia nel 1919 fu l'impresa di Fiume». All'inizio, precisa Gentile, l'impresa non aveva scopi rivoluzionari, era una protesta contro la debolezza dimostrata dal governo nelle trattative di pace, che non assegnavano Fiume all'Italia. Il poeta-vate, «divenuto leggendario per le gesta compiute durante la guerra», voleva provocare la caduta del governo Nitti. Presto, però, «affiancato da una schiera di esaltati giovani legionari», creò un movimento che intendeva realizzare un «ordine nuovo» in Italia e poi nel mondo. Sarebbe stato detto «fiumanesimo».
A questo punto ci si aspetterebbe che l'illustre storico racconti e spieghi qualcosa di quell'«ordine nuovo», i tentativi rivoluzionari con ambizioni mondiali non sono poi così frequenti, nella storia d'Italia. Invece Gentile conclude sibillino: «Fiume divenne luogo di straordinarie o strampalate velleità palingenetiche». La mia stima per lui non mi permette di credere che davvero abbia liquidato in quattro parole tutto quello che accadde a Fiume nel 1920: la Carta del Carnaro (rivoluzionaria in senso democratico), la Lega dei popoli oppressi (che anticipa di decenni il terzomondismo), il Nuovo ordinamento militare (che precedette di mezzo secolo un esperimento analogo di Mao Tse-tung). Voglio dunque credere che un caporedattore pazzo (ce n'è, ce n'è) per fare stare l'articolo nella pagina abbia tagliato qualche migliaio di battute nella quali l'autore dava un altro scossone alla vulgata, magari ricordando come ha fatto Paolo Mieli che i reduci fiumani dell'«Unione spirituale dannunziana» vennero perseguitati dal regime fascista, alla stregua di socialisti e comunisti.
Purtroppo abbattere una vulgata è tanto più difficile quanto più è antica. Quella di d'Annunzio e di Fiume fascisti è quasi secolare, perché fu imposta da Mussolini per oltre un ventennio: la revisione storica è iniziata troppo tardi, e l'Italia democratica ha creduto e in questo caso - crede ancora al duce. È una vulgata che, per esempio, ha suggerito a (pochi) bravi cittadini di Trieste di sottoscrivere una petizione contro una statua pacificissima di d'Annunzio nella loro città. Pazienza, la statua verrà collocata, la mostra triestina dedicata all'impresa continuerà fino a novembre, un'altra se ne inaugurerà a Pescara l'8 settembre, nell'ambito di una settimana intitolata non a caso «La festa della rivoluzione». Libri sereni e seri escono uno dietro l'altro sull'impresa, e presto anche un'intera collana dell'editore Giubilei. C'è da credere, soprattutto, che darà un contributo decisivo il grande convegno internazionale «Fiume 1919-2019. Un centenario europeo tra identità, memorie e prospettive di ricerca».
Si svolgerà al Vittoriale dal 5 al 7 settembre, per la prima volta anche con la partecipazione di numerosi storici croati.Ci vorrà ancora del tempo, ma la vulgata è destinata a scomparire. Del resto, c'è ancora molta gente assolutamente certa che l'incendio di Roma sia stato appiccato da Nerone.
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