La divina comicità delle «Memorie di Adriana»

I francesi hanno esumato per lei la definizione che di Juliette Greco diede a suo tempo Mauriac ovvero «quel bel pesce bianco e nero che dall'acqua balza fuori per ricongiungersi alla madre terra». Ma lei Adriana Asti, per questo suo recital che ha scherzosamente intitolato Memorie di come se si trattasse di uno scherzoso epigramma volto a celebrare una vita di palcoscenico eternamente giocata sul filo dell'ironia. Lei si presenta in scena vestita da sera appoggiata a una colonna come se si fosse mutata in un fregio sfuggito a un'architrave. Ma non preoccupatevi perché lo spettacolo non ha nulla a che fare col famoso titolo della Yourcenar sull'imperatore Adriano. Infatti l'attrice sgrana il suo rosario più comico che irriverente come una magnifica torta farcita di pepe oltre che di zucchero. Si comincia con un ricordo della Pagnani e si prosegue con Memo Benassi che per deridere la Brignone manovrava alle sue spalle una rosa rossa dal lunghissimo gambo. Mentre Romolo Valli la conduceva a spasso vestita da marinaretto. Così i ricordi affiorano in una sinfonia eccentrica e svagata che vanno dalla canzone Montecarlo trasformata in metafora stercoraria per sottolineare il declino del principato monegasco. Il tutto condito dalla spiritosa regia di Andrée Ruth Shammah che da esperta condottiera esalta la verve inesauribile di una meravigliosa interprete che invece di celebrarsi si diverte a suscitare il gioco eterno del teatro. Grazie, Adriana.

Memorie di Adriana

Spoleto, festival dei due Mondi

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