E se Bolaño non fosse poi un autore così fantascientifico?

Appena trovate un giovane letterato con aspirazioni di scrittura creativa e gli chiedete quale scrittore ama, risponderà: Bolaño

E se Bolaño non fosse poi un autore così fantascientifico?

Appena trovate un giovane letterato con aspirazioni di scrittura creativa e gli chiedete quale scrittore ama, 9 su 10 risponderà: Bolaño. In letteratura ci sono i sopravvalutati e sottovalutati. Ci sono anche coloro che è di moda dire che sono sopravvalutati, come D.F. Wallace, genio assoluto, che è un modo dei mediocri di sottovalutarli. Nessuno, fino a oggi, osa però scrivere mezza parola critica su Roberto Bolaño, credo di essere l'unico a non reggerlo più.

Anche nel suo romanzo giovanile, Lo spirito della fantascienza, scritto negli anni '80 e ora pubblicato da Adelphi, trovo tutti i difetti dei celebrati romanzi successivi, incluso il bellissimo I detective selvaggi e il prolisso 2666. Sarà perché la letteratura sudamericana non l'ho mai sopportata, sarà che sì, Bolano è una boccata d'aria fresca rispetto al realismo magico di Márquez&Co., ma alla fine resta un sudamericano anche lui, l'avanguardia di una retroguardia, è realismo fanta-magico (e comunque aveva già dato, e meglio, Borges).

Qui si parla di fantascienza e di poesia, uno scrittore di fantascienza che scrive lettere ai suoi autori preferiti (sudamericani), un poeta che si fa strada tra le migliaia di riviste di poesie (sudamericane), ma dopo un po' la noia prende il sopravvento, anche perché con Bolaño si gira sempre in tondo. Più che lo spirito della fantascienza, è lo spirito della noia, pur con delle trovate geniali, come il Comitato Nordamericano degli Scrittori di Fantascienza Pro Disastrati Totali del Terzo Mondo, e comitati, e sottocomitati, e feste artistiche che pullulano in Messico, pur con questo eterno rapporto dell'artista con le istituzioni, cosa di cui gli scrittori veri, da Flaubert a Proust, se ne sono sempre fregati, lasciando capolavori compiuti.

Molta metaletteratura, molta metafiction, ma a pensarci già datata, considerando quello che avevano fatto l'Oulipo e le neoavanguardie negli anni '60.

E poi tutti personaggi stralunati in giro per il Cile o il Messico, mai nessuno a tutto tondo, senza mai un lavoro, e varie lagne amorose e mai un amore vero, mai una storia narrata che regga dall'inizio alla fine e non si perda in mille rivoli pseudo-intellettualistici, la frammentazione come alibi a non saper costruire qualcosa di romanzesco, ossia un romanzo. Tanto vale leggersi Rayuela (1963) di Julio Cortázar, che guarda caso era belga, non sudamericano.

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