Era nell’aria da tempo che “Er gol de Turone era bono”, il documentario prodotto dal laziale Giannandrea Pecorelli con la sua Aurora Film (in collaborazione con RAI Cinema), presentato proprio nell’ultimo giorno della Festa del Cinema di Roma, avrebbe fatto la differenza nella sonnolenta edizione di quest’anno.
Se c’è un’opera, infatti, che resterà davvero tra quelle presentate nell’eterogeneo calendario della kermesse cinematografica, comprese quelle di statura internazionale, è proprio questo piccolo gioiello dal sapore amarcord firmato da Francesco Micciché e Lorenzo Rossi Espagnet. Può sembrare un paradosso, considerato che stiamo parlando della narrazione di un episodio calcistico avvenuto oltre quarant’anni fa e che ha pesato da allora sul cuore di un circoscritto gruppo di esseri umani, i romanisti. Ma la verità è che sono poche le occasioni di vedere così ben suggerita l’universalità di uno sport e di una fede come quella calcistica.
Andiamo per gradi, per i neofiti dell’argomento. Siamo nello scontro diretto Juventus-Roma del 10 maggio 1981. Dopo 39 anni la squadra della capitale, campione d’inverno, la Roma di Dino Viola e di un giocatore fortissimo come Falcao, rischia di vincere lo scudetto. Al 72esimo minuto, lo zero a zero è finalmente sbloccato dal gol di testa del difensore giallorosso Maurizio 'Ramon' Turone. L’arbitro Paolo Bergamo convalida ma, intercettata con gli occhi la bandierina gialla del guardalinee Sancini, decreta il fuorigioco e annulla la rete. Il resto è storia del calcio. Il pareggio regala alla Juve lo scudetto e la polemica innestata su quella famigerata giornata si autoalimenta da allora.
Entrato ufficialmente nell’immaginario degli appassionati di calcio, il celeberrimo gol di Turone (che fu ripreso da una sola telecamera) è una ferita ancora aperta. Quarantamila tifosi giallorossi in disagiata trasferta (erano pur sempre gli Anni 80) passarono dall’orgasmo collettivo alla beffa e alla disperazione in una manciata di secondi. Una città intera fu scaraventata dalla favola all’incubo a causa di uno scandalo destinato a essere tramandato per l’eternità, almeno tra chi vive il tifo per quello che è davvero, cioè la forma più imperitura d’innamoramento.
Si capisce che si tratti di un trauma che il romanista medio passa di generazione in generazione ai propri figli con orgoglioso vittimismo. Sì, perché se c’è una cosa, tra le altre, che il divertente documentario racconta a meraviglia e con somma ironia è il sapore di una certa romanità, quella di chi che se va allo stadio è perché nel frattempo il Colosseo coi gladiatori ha chiuso, quella di chi si crogiola nel sopruso cronico (millenni di storia lasciano il segno), quella di chi sente tutto con una valenza mitologica.
A partire da un episodio immortale che, per chi è di fede giallorossa, è diventato la misura di tutte le cose, il peccato originale e molto altro di pari importanza, si racconta qualcosa che non è solo un gioco in cui uomini in calzoncini corrono dietro a un pallone, bensì allegoria universale di tutto quanto si trovi nel cammino della vita: ci sono i sorrisi, la commozione, la lotta in stile Davide contro Golia, le ingiustizie, la passione, l’abnegazione, la fragilità e l’incombere del fato.
Con totale imparzialità “Er gol de Turone era bono” ricostruisce le dinamiche del fattaccio non solo attraverso immagini di repertorio, ma soprattutto con interviste ai protagonisti di allora: i calciatori (Pruzzo e Prandelli), i direttori di gara (l’ex arbitro Bergamo e l’ex guardalinee Sancini), gli addetti ai lavori (i giornalisti Giorgio Martino e Paolo Rossi) e i tifosi illustri presenti all’epoca allo stadio (lo sceneggiatore Enrico Vanzina, l’attore Paolo Calabresi e il critico d’arte Luca Beatrice).
L’entrata dell'episodio nel mito si assapora con citazioni cinematografiche (da “Vacanze in America” a “Boris”) e opinioni rilevate per strada.
Il colpaccio arriva verso la fine, con un odierno Maurizio Turone che dichiara di essersi sempre rifiutato di rivedere le immagini con cui è identificato da quattro decenni e che ora, invece, è chiamato a commentarle.
“Er gol de Turone era bono” è molto più che un titolo per calciofili.
È un viaggio nel tempo che si fa ritratto affettuoso, ironico e nostalgico del Belpaese di “90° minuto” e “Il processo del lunedì”, ma anche una lettera d’amore a uno sport, a una città e a una passione mondiale che non conosce limiti di spazio e di tempo.Al cinema dal 24 al 27 ottobre.
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