Come Checco Zalone e I soliti idioti, Maccio Capatonda, ultimo fenomeno pop nato in Rete, ha un pubblico trasversale, che potrebbe mandarlo in vetta. Dai sessantacinquenni ai ragazzini smanettoni, sono tutti pazzi per quest'abruzzese trentottenne (di Chieti) piccolo, quasi calvo e simpatico, al secolo Marcello Macchia, che ora mette la sua comicità surreale al servizio della commedia Italiano medio (dal 29 gennaio con Medusa in 400 copie), da lui scritta e interpretata. Maccio tenta dunque il grande salto al cinema, dopo le web series: da YouTube, dove impazzano i suoi finti trailer grotteschi e da Mtv, dove spopola il suo tg demenziale, ecco 90 minuti di spasso.
L'idea sottesa al film, molto costruito anche se non pare, è che l' homo italicus sia il risultato d'un mix fifty-fifty: un po' individualista e un po' anima candida, un po' disimpegnato e un po' ambientalista arrabbiato, un po' aspirante concorrente di reality e un po' paladino del riciclo. Entrambi i modelli fanno ridere di gusto, entrambi nascondono qualcosa di buono, quello di Capatonda è un umorismo «scorretto» ma senza snobismi.
Come in Dottor Jeckyll e Mister Hyde, il protagonista Giulio Verme (Maccio, qui pure come Antonino Verme e Mariottide) porta in sé l'ambientalista vegano milanese, che nutre il topo Kyoto degli stessi semi che mangia lui ed è fidanzato con Franca Solidale, attivista di «Salviamo i Neri». Ma è anche il suo doppio, o la sua nemesi, un burino protagonista di «Mastervip», show tv e trionfo del cattivo gusto.
In questa lotta tra personalità opposte, c'entra una pillola miracolosa: è Alonzo (Herbert Ballerina, qui pure Filomena Leccamuli e Passante di Professione) a consigliare al combattuto Giulio di mandar giù quel portento, per utilizzare solo il 2% del cervello, invece del 20. Risultato? Meno frustrazioni, più godurie. Il risentito militante diventa un felice egoista. La citazione da Lucy di Luc Besson funziona «per raccontare due macrocategorie: l'impegnato e il menefreghista, che nel finale si fondono. Il mio italiano sta tra l'eroe e lo scarto della società, è un eroe furbo» », spiega Maccio, che ama improvvisare.
Tra le tante parodie, come quella di Briatore, alias lo sponsor del «Bello che avanza», diverte quella di Saviano (qui «Salviamolo»),dipinto come illusionista che concede interviste in ascensore, ma solo dopo che le sue body-guard ne hanno spazzato per bene il pavimento... «Mando un messaggio/non-messaggio. In Italia puoi fare quel che vuoi. Essere felice d'essere sposato e andare a puttane. Questo discorso vale per l'umanità, in generale», riflette Maccio, per il quale «solo il web non basta a far bella figura».
Ma non circola unicamente cazzeggio ben riuscito in quest'esordio, che guarda alle commedie anni
Cinquanta, con Capatonda come Peppino De Filippo, e a quelle di Carlo Verdone, soprattutto. Visto che il 15% dei laureati non trova lavoro, è geniale quel giovane barbone col tablet che, sul marciapiede, elemosina... una password.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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