Tra fede e scienza non c'è un "aut - aut", possono convivere

Dario Antiseri propone una riflessione sul senso che la religione mantiene nella nostra epoca

Tra fede e scienza non c'è un "aut - aut",  possono convivere

di Dario Antiseri

Credere è propriamente andare per quella via dove tutti gli indicatori stradali mostrano: indietro, indietro, indietro! Ma la via dell'ateo è forse meno accidentata, priva di ostacoli, piena di luce? L'ateismo è una fede difficile, una scelta che, per quanto coraggiosa, non ha più ragioni scientifiche di quelle del credente, il quale spera in cieli nuovi e terre nuove dove il carnefice non abbia l'ultima parola sulla vittima innocente.

È stato Max Weber a sostenere ne La scienza come professione che «la tensione tra la sfera dei valori della scienza e quella della salvezza religiosa è insanabile». Il destino ci impone, dice Weber, di vivere in un'epoca senza Dio e senza profeti: «È il destino dell'epoca nostra, con la sua caratteristica razionalizzazione e intellettualizzazione, e soprattutto col suo disincantamento del mondo, che proprio i valori supremi e sublimi sian divenuti estranei al gran pubblico per rifugiarsi nel regno extramondano della vita mistica o nella fraternità dei rapporti immediati e diretti tra i singoli». E, in ogni caso, chi decide di entrare nelle braccia delle antiche chiese dovrà compiere, inevitabilmente, il sacrificio dell'intelletto.

Weber, dunque, concepisce il rapporto tra i valori della scienza e quelli della salvezza religiosa come rapporto di un autaut. Ma le cose stanno veramente così, ovvero è di un etet il rapporto tra scienza e fede? Un mondo disincantato, letto alla luce di teorie scientifiche, è un mondo che implica necessariamente la negazione di un Creatore o è una purificazione della stessa fede dalle incrostazioni della superstizione? Un mondo senza ninfe dietro ad una sorgente o senza Giove dietro ai fulmini è davvero un universo che proibisce senza appello la concepibilità di un Dio creatore? E poi: è la scienza che desacralizza il mondo o il mondo, per essere investigato scientificamente, deve essere già desacralizzato? Ecco, a tal proposito, la fondamentale proposta di Max Scheler: «Bisogna, innanzi tutto, farla finita con l'errore molto condiviso che la scienza positiva (e il suo movimento progressivo) abbia mai potuto e mai possa, fintanto che essa rimane nei suoi limiti essenziali, torcere un sol capello alla religione. Questa tesi, sia essa sostenuta da credenti o da increduli, è sempre ugualmente falsa». Falsa, per la ragione che «ciò che fa tremare una religione dominante non è mai la scienza, ma l'inaridirsi e il morire della sua fede stessa, del suo ethos vivo cioè il fatto che una fede morta, un ethos morto prenda il posto della fede e dell'ethos vivo, e soprattutto, che una nuova germinale forma di conoscenza religiosa, eventualmente anche una nuova metafisica conquistatrice di masse, la scacci. I tabù, che le religioni hanno impresso ai più diversi ambiti della conoscenza umana, dichiarando le rispettive cose come sacre e come articoli di fede, debbono perdere questo carattere di tabù per motivi religiosi o metafisici propri, e tornare ad essere oggetti della scienza. Soltanto là dove, per esempio, un libro considerato come sacro ha perso il suo carattere sacrale per vasti circoli, in forza di motivi metafisici e religiosi, esso può venir studiato scientificamente come una qualsiasi fonte storica. Ancora: finché la natura è colma, per un dato gruppo, di forze personali e demoniache, essa è nella misura in cui lo è, esattamente ancora un tabù per la scienza». L'idea di Scheler è, insomma, che «unicamente la spinta religiosa verso un'idea di Dio spirituale, meno biomorfica, e come tale più o meno monoteistica (...) fa che la religione si elevi al di sopra dei vincoli delle comunità consanguinee e tribali, spiritualizzi e devitalizzi l'idea di Dio e renda libera poi in maniera crescente, perché la si investighi scientificamente, la natura raffreddata, per dirla così, nel suo carattere religioso e diventata relativamente oggettiva e morta o la parte della natura raffreddata in questo carattere religioso. Chi considera le stelle come divinità visibili, non è ancora maturo per una astronomia scientifica» Di seguito la tesi di fondo: «Il monoteismo creazionistico giudaicocristiano e la sua vittoria sulla religione e sulla metafisica del mondo antico fu senza dubbio la prima fondamentale possibilità per porre in libertà la ricerca sistemica della natura. Fu un mettere in libertà la natura per la scienza in un ordine di grandezza che forse oltrepassa tutto ciò che fino ad oggi è accaduto in Occidente». E questo per la ragione che «il Dio spirituale di volontà e di lavoro, il Creatore che nessun greco e nessun romano, nessun Platone ed Aristotele conobbe, è stato (...) la maggior santificazione dell'idea del lavoro e del dominio sopra le cose infraumane; e nel medesimo tempo operò la più grande disanimazione, mortificazione, distanziazione e razionalizzazione della natura, che abbia mai avuto luogo, in rapporto alle culture asiatiche e all'antichità».

Non è la scienza che dissacra il mondo; il mondo per poter essere investigato scientificamente deve essere già dissacrato. E un mondo che non è Dio, che non è sacro è il mondo del creazionismo giudaicocristiano, un mondo non più intoccabile, ma pronto ad essere manipolato, smontato e, dunque, capito per venir utilizzato a fini umani. Il messaggio cristiano è antiidolatrico: desacralizza il potere politico Kaýsar non è Kýrios; proibisce di trasformare in divinità la ricchezza non si può servire a due padroni, a Dio e Mammona; opera la più grande disanimazione, mortificazione e razionalizzazione della natura predisponendola all'indagine scientifica. Non un autaut, ma un etet è il rapporto esistente tra scienza e fede religiosa. Insanabile non è la tensione tra la sfera dei valori della scienza e quella della fede religiosa; insanabile è, piuttosto, la tensione tra quella religione della scienza che è lo scientismo e la fede religiosa.

Scienza e fede religiosa sono compatibili perché incommensurabili sono le rispettive domande: «Non come il mondo sia è ciò che è mistico, ma che esso sia». Così Wittgenstein. E Galileo: la meccanica ci dice «come vadia il cielo», la fede «come si vadia in cielo».

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