Arriva nelle sale Zero Dark Thirty, il film che ricostruisce i dieci anni della caccia a Osama Bin Laden. Il titolo deriva dal gergo militare americano: indica la mezzanotte e mezzo, l'ora in cui, nel pieno dell'oscurità, partono le azioni militari più rischiose. Tra queste ovviamente c'è anche il blitz notturno dei Navy Seal che ha portato all'uccisione del leader di al Qaeda, avvenuta il 2 maggio 2011. La pellicola, a metà tra il thriller d'azione e il documentario, è stato girato da Kathryn Bigelow. Un nome che è una garanzia: nel 2010 vinse l'Oscar con "The Hurt Locker".
Zero Dark Thirty inizia con delle immagini di buio, si sentono solo delle voci. Sono quelle delle persone rimaste intrappolate nelle Torri Gemelle quel maledetto 11 Settembre 2001. Chiedono aiuto e salutano i loro cari, prima di morire. Poi si dipana la storia, incentrata su Maya, l'agente della Cia grazie alla cui cui intuizione verrà individuato il nascondiglio segreto di Bin Laden, in Pakistan.
Maya esiste veramente (ovviamente ha un altro nome). Ha circa 30 anni e per il suo lavoro è stata premiata con la massima onorificenza (Distingushed Intelligence Medal). Lei però non era contenta. Perché quella medaglia l'hanno avuta anche i suoi colleghi. Quelli che inizialmente, non credendo alla sua tesi (per arrivare a Bin Laden bisogna seguire chi porta i messaggi) l'avevano osteggiata. Ecco perché Maya - come ora, per "colpa" del film, viene chiamata da tutti - quella medaglia l'avrebbe voluta vincere da sola.
Il film in America ha scatenato moltissime polemiche. Per i Repubblicani è un enorme spot per celebrare Obama. Ma anche la Cia è arrabbiata: l'agente Maya - quella vera - sarebbe stata tutt'altro che discreta, come si conviene a un agente dei servizi segreti, facendo arrivare alla regista (tramite un suo consulente) alcuni particolari che dovevano restare segreti.
Altre polemiche, molto dure, ci sono state perché nel film vengono mostrate, con dovizia di particolari, le violenze inflitte a un fiancheggiatore di al Qaeda per carpire informazioni utili. "Non potevamo non includere quelle scene di tortura - si è difeso lo sceneggiatore Mark Boal - sono parte della storia".
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