La serie crime disponibile da oggi su Netflix, "Freud", è incentrata sul padre della psicanalisi e realizzata in collaborazione con ORF, la principale emittente televisiva austriaca.
Che non fosse una biografia tradizionale era intuibile e poteva anche essere un'attrattiva in più, per il pubblico che non predilige i biopic classici. Il problema è che a un incipit da thriller storico, in cui si è sedotti da una parziale ma puntuale esposizione di concetti chiave della dottrina psicanalitica, seguono poi purtroppo episodi in cui l'horror fine a se stesso prevarica su tutto il resto.
Siamo nel 1886: Freud (Robert Finster) ha trent'anni ed è considerato un ciarlatano dalla comunità scientifica dell'epoca, che non approva i suoi metodi bollandoli come ribelli anziché rivoluzionari. E' una specie di dandy avvezzo all'uso della cocaina, che sorseggia perfino a teatro. Quando in città si iniziano a verificare terrificanti omicidi, l'uomo decide di usare le proprie risorse intellettuali per scoprire chi li abbia commessi. A dargli una mano, la medium Fleur Salomé (Ella Rumpf) e il poliziotto Alfred Kiss (Georg Friedrich), ex veterano di guerra con violento stress post-traumatico.
I titoli degli episodi promettono bene, sulla carta: Isteria, Trauma, Sonnambulo, Totem e Tabù, Desiderio, Regressione, Catarsi, Soppressione. Si inizia esplorando un disturbo che per la prima volta fu associato alla repressione della sessualità femminile, come enunciato nel curioso film "Hysteria" del 2012. Ci sono scambi di vedute interessanti tra medici illuminati che intuiscono gli effetti di una società moralizzatrice finanche nell'alcova. C'è spazio per i primi esperimenti d'ipnosi (che in effetti Freud in vita praticò e abbandonò ritenendoli di discutibile affidabilità), così come per i dubbi teorici e la scoperta di quello che, sulle prime, sembra un effetto collaterale della terapia: il transfert. In tutto questo il cast appare all'altezza e si muove in un impianto scenico finemente curato e quindi di grande effetto. Da subito si intuisce la presenza di un tono mistery profondamente oscuro, si pensa però che sia la declinazione visiva di quello che è il cardine delle teorie avveniristiche enunciate dal protagonista, l'Inconscio.
Crogiuolo di tutto quel che non sta alla flebile luce della coscienza, l'inconscio non solo ci abita ma è a sua volta il luogo in cui trovare, spesso dormienti, i desideri proibiti, i ricordi fittizi così come quelli rimossi, tutti gli ingredienti insomma della nostra instabilità. Nei primi episodi Freud, parlando con un collega, capisce di essere il cartografo delle regioni inesplorate della mente, quelle sottese alla dicitura "Hic sunt dracones", ossia in cui si annida un pericolo sconosciuto.
Fino a qui "Freud" ha le sembianze di un giallo psicologico in cui si inseriscono scene dall'onirismo espressionista, elementi esoterici e perfino cospirazioni politiche. C'è anche una scena indimenticabile che racconta le origini delle sofferenze dell'ufficiale Kiss, chiamato a scegliere tra la vita del figlio disertore e quella di alcuni prigionieri di guerra inermi.
Come si possa decidere di gettare alle ortiche quanto sopra per prendere l'inattesa direzione dell'horror puro, resta il vero mistero della serie. Una scelta estetica e narrativa che lascia a dir poco perplessi: una cosa è romanzare in maniera dark uno spunto biografico, un'altra rendere di punto in bianco superflua la presenza di un'icona della ricerca scientifica come Freud, sacrificandola nel trionfo di un orrore smaccato, superfluo e autocelebrativo.
Per non parlare di come il sangue nel racconto si mischi presto a nudi, ad amplessi, a violenza sessuale e a stregoneria."Freud" diventa un miscuglio inquinante per la psiche degli spettatori, in questo almeno mantiene fede all'argomento di partenza.
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