Fuga romantica a NY sotto Natale? Si può, con la serie “Dash & Lily”

Due adolescenti si rincorrono, grazie a una stimolante corrispondenza epistolare, in una splendida New York natalizia. Per lo spettatore, una distrazione fugace e zuccherosa ma senz’altro benefica

Fuga romantica a NY sotto Natale? Si può, con la serie “Dash & Lily”

Ci sono serie tv, come Dash & Lily (da oggi su Netflix), che sono piccoli antidoti al grigiore da lockdown. Certo, in quanto spettatori bisogna accontentarsi del “vagheggiamento dell’azione”, ma è sempre un modo per viaggiare lontano dai brutti pensieri stando sul proprio divano di casa.

Prodotto di target adolescenziale ma che può fare da piccolo toccasana a tutta la famiglia, “Dash & Lily” permette di trascorrere fin d’ora il periodo natalizio a New York, in giorni in cui non solo siamo già sicuri che non espatrieremo da qua a fine anno, ma in cui è perfino in forse il Natale, se non nello spirito, di certo negli usi e costumi con cui lo abbiamo sempre celebrato.

In una libreria newyorkese, in un dicembre d'epoca pre-pandemica, viene nascosto un diario rosso su uno scaffale. Contiene l’invito, per chi lo trovi, a decifrare alcuni piccoli enigmi. È così che entrano in contatto due ragazzi, una lei e un lui. Attraverso una corrispondenza epistolare sulle pagine del medesimo libricino, imparano a conoscersi. Con la scusa di risolvere rebus o di sfidarsi a compiere piccole azioni in giro per la città, si aiutano reciprocamente a uscire dalla propria confort-zone e a mettere nero su bianco i propri sogni, insicurezze, dubbi e speranze.

Quella che ha tutte le caratteristiche di una romantica caccia al tesoro, ci porta nei luoghi vestiti a festa più iconici di NY per otto episodi, brevi e dall’atmosfera leggera, che si prestano ad essere visti di seguito.

Il libro di partenza da cui ha origine la serie è il bestseller “Come si scrive ti amo” di David Levithan e Rachel Cohn, tipica lettura del genere young adult, ma al centro della scena non c’è solo l’amore adolescenziale tra due sconosciuti, bensì un giardino di piccole ma fondamentali riflessioni per chi nella vita, indipendentemente dall’età, non si senta ancora sbocciato, almeno non con le fattezze di ciò che è destinato ad essere. Assomigliare alla versione più autentica di sé, anziché a quella che ci è imposta da pressioni familiari e sociali, è il piccolo “sacro graal” di cui si va alla ricerca negli episodi. Anche se la protagonista femminile non è mai stata baciata e quello maschile non si è ancora ripreso da un abbandono, il carburante di questo percorso di conoscenza non è il miraggio della costruzione di un amore (che diventa, alla lunga, il vantaggio secondario), bensì la necessità di aiutarsi l’un l’altro a rivelare al mondo il proprio Sé.

I due diciassettenni sono caratterizzati con pennellate di colori ora simili ora complementari tra loro: lui odia il Natale, lei invece lo aspetta tutto l’anno, lui è a tratti cinico e perennemente insoddisfatto, lei è una versione un po’ pacchiana della “santa patrona delle ragazze strane”, Alice nel paese delle meraviglie. Le peripezie cui si sottopongono con difficoltà crescente, li aiutano a emanciparsi dall’ambito in cui sono due gocce d’acqua: il senso di inadeguatezza, l’allergia per i luoghi affollati, l’indole anacronistica perché improntata a godere di una bellezza che passa per lo più inosservata in quest’epoca. Armati di cose andate oggi quasi perdute, come la capacità di attendere e l’amore per la scrittura profonda, i due si incontrano in un non-luogo preposto al dialogo virtuale ma diverso dalle chat e dallo schermo. Hanno scelto di estromettere internet e la tecnologia dalla loro relazione a distanza e questo significa che sono capaci, in primis, di metterci impegno e di far valere la loro visione del mondo. Lasciarsi indizi su carta in luoghi che implichino di essere raggiunti fisicamente è un modo di conoscersi, scoprirsi e supportarsi (primo indizio d’amore) che profuma d'altri tempi.

A corredo del disvelamento emotivo a due sopra descritto, in “Dash & Lily” ci sono poi le deliziose tribù, familiare e amicale, dei protagonisti, i cliché da teen-drama (annacquato), il via vai nei sentimenti, sempre godibile anche se scontato, proprio come un tour fatto più volte nella Grande Mela.

Nonostante le premesse interessanti non si hanno mai vere sorprese e il ritmo va a calare verso gli ultimi episodi.

Eppure la visione resta una cioccolata calda, capace di avvolgere di effluvi zuccherosi e serotoninergici alcuni temi tutt'altro che dolci, come la solitudine esistenziale, l’auto-accettazione, l’asservimento aprioristico della propria felicità al consenso altrui.

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