"Gomorra? È più difficile fare la sirenetta"

L'attrice napoletana racconta il suo nuovo ruolo nella fiction Rai

"Gomorra? È più difficile fare la sirenetta"

Ogni mattina Maria Pia Calzone si alza, sorride, ed esclama «uaaa'!». Da vera napoletana, all'espressione partenopea che indica meraviglia ricorre perché è felice d'aver agguantato il successo (anche se solo tre anni fa, a quarantacinque d'età) ma soprattutto perchè «ogni giorno si stupisce - dice lei stessa- dei regali che la vita mi fa». Chissà se esclamerà «uaaa'!» anche all'indomani della prima delle sei puntate di Sirene, nuova serie fantasy-comedy da domani su Raiuno, in cui, dalla gelida e crudele donna Imma di Gomorra, passa a immergersi è il caso di dirlo- nei simpatici panni di una sirena marina.

Signora Calzone: come ci si sente a recitare a seno nudo e con la coda di pesce?

«Non me ne parli. Una fatica improba. Ma divertentissima. Se il bello di fare l'attore è l'immaginarsi in panni totalmente diversi dai tuoi Beh: ancorchè succinti, questi sono diversissimi!».

Scritto da Ivan Cotroneo e interpretato anche da Luca Argentero, Sirene è una novità assoluta per la Rai: per la prima volta si tenta il genere fantasy, mescolandolo alla commedia sentimentale.

«È la storia di quattro sirene di quattro età diverse (io sono la matriarca: Marica, di circa 300 anni) che dagli abissi si avventurano sulla terraferma alla ricerca dell'ultimo tritone, fuggito fra gli umani. La latitanza dell'unico maschio disponibile fa loro rischiare l'estinzione. E l'incontro-scontro con una dimensione diametralmente opposta alla propria nell'acqua a comandare sono le donne, così come sulla terra sono (o sarebbero) gli uomini- ci parla di tolleranza, d'inclusione, perfino di amore per il diverso».

Girato a Napoli, pare che Sirene abbia obbligato tutti gli interpreti partenopei a imparare a nuotare

«Già: che da bravi napoletani nell'acqua se la cavano male. Mi volete far affogare?, ho esclamato io. E allora tre mesi d'allenamento in piscina, per fortificare, acquisire disinvoltura, imparare a gestire la mono-pinna (cui poi gli effetti speciali avrebbero sovrapposto la coda ittica), a immergersi tenendo gli occhi aperti. Al contrario di quanto si può credere tutte le scene acquatiche sono state girate dal vero: o nelle gelide acque del golfo, in piena notte e in pieno ottobre, o nella piscina dei vigili del fuoco di Napoli».

Che tipi sono queste sirene? E come fa un'attrice a interpretare un essere umano a metà?

«Facile. Basta dar voce al desiderio segreto di ogni donna, quando ha a che fare con un uomo: Zitto. E obbedisci. Le nostre sirene, non solo ammaliano i maschi: li comandano a bacchetta».

E il passaggio dalla tenebrosa donna Imma alla solare Marica la cosa ha significato per lei? Una vacanza dalle tenebre? Un po' di respiro?

«Al contrario! Far ridere è più difficile che far paura. Lo sanno tutti. Questa sirena è un personaggio da commedia; e la commedia è matematica pura. Sbaglia un calcolo, e l'effetto manca. È questione di concentrazione, tensione, precisione. Una sfacchinata.

Ma i suoi fans, che numerosi la seguono sui social, come reagiranno al radicale cambio di prospettiva?

«Nello spettatore l'identificazione fra ruolo e interprete è molto forte, è vero. Prova ne sia che da due anni sui social continuano a chiamarmi donna Imma. Ma nel frattempo m'hanno chiamata anche Ninella (dal film Io che amo solo te), Angelica (dal cartoon La Gatta Cenerentola) perfino Desiderio (dal trans che interpretavo in Mater Natura). Vuol dire che se questa sirena sarà abbastanza azzeccata, e io sarò stata abbastanza brava, ora mi chiameranno Marica».

Pare che, poco prima del successo di Gomorra lei avesse deciso di farla finita col mestiere dell'attrice.

«È così. Quarantacinque anni e ancora nessuna vera affermazione. Recitare è una necessità esistenziale, prima che lavorativa. Sentivo il bisogno di esprimermi; e nessuno mi stava ad ascoltare. Quanto durerà ancora?, mi chiedevo. Già pensavo quale altro lavoro avrei potuto cercarmi. Oggi, a quarantotto anni, ho conquistato l'affetto del pubblico, la stima dei colleghi. E anche di me stessa».

Dunque cos'è oggi per lei il successo? Una vendetta sul caso? La rivalsa del destino?

«No: un regalo della vita. Di cui godo e mi rallegro. Ogni mattina».

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