In fondo c'è qualcosa di straordinario in questo ventiseienne di Halifax che ora si ritrova con il pop ai propri piedi. Guardatelo, Ed Sheeran, non ha nulla di battagliero, lui rosso di capelli, di barba e di furore creativo, eppure è la negazione quasi tutti i luoghi comuni, a dimostrazione che quasi sempre bastano talento e testa dura per trasformare la passione in un sogno. Si è costruito passo dopo passo, partendo da concertini davanti a cinque persone in quel contesto promiscuo che lui ora chiama «pop circus» e che racconta così: «Sono locali inglesi dove si suona a rotazione senza avviso, devi essere sempre pronto ed è anche per questo che non ho alcun rituale scaramantico prima di salire sul palco».
Da lì, da quale circo, è diventato una voce dalle uova d'oro visto che finora i suoi brani hanno totalizzato, tanto per citare un record a caso, ben 7 miliardi di visualizzazioni su YouTube, praticamente una a testa per ciascun abitante della Terra. Anche il suo nuovo disco Divide (che sta per divisione è il terzo con un segno matematico nel titolo dopo + del 2011 e x del 2014) ha già fatto indigestione di primati visto che ha debuttato al primo posto in 102 nazioni su iTunes e in Italia in questo momento è in testa ovunque (album, singoli, vinile, radio) e ieri pomeriggio Piazza Duomo a Milano era piena di fan che aspettavano soltanto di poterlo vedere. «Lo so, siamo in una fase storica che cerca la condivisione per reagire alla frammentazione conflittuale, ma io non sono un cantante politico e le mie canzoni non hanno quel significato», ha spiegato lui ieri prima di raggiungere Fabio Fazio a Che tempo che fa. E non cede neanche al tranello di criticare Trump, come fanno in molti, o assopirsi nel qualunquismo parlando della Brexit: «Bisognerebbe capirsi di più, l'Europa non è solo una questione politica». In effetti le sue canzoni sono storie raramente autobiografiche ma capaci di raccontare la nostra realtà. A differenza degli chansonnier francesi, dei cantautori vecchio stile o anche dei rapper, Ed Sheeran è un cantastorie di nuova generazione, svincolato da ideologie ormai di cartapesta o da guerriglie sociali che inevitabilmente «ghettizzano» la musica.
È libero. Anche nel genere musicale.
Arriva, si capisce, dal folk alla Van Morrison come nell'unico brano chiaramente autobiografico (How would you feel (Paean) ispirato dalla morte della nonna) ma ha una vocazione osservatrice molto pop come in New Man («Ho sentito che ha speso 500 sterline per un paio di jeans») che lo hanno trasformato nell'idolo di una generazione di ragazzi molto meno schiavi dell'apparenza di quanto potrebbe sembrare. Dopo aver trascorso un anno sabbatico in giro per il mondo senza telefono e connessione, ha scritto i (bei) testi di Divide senza alcun bisogno se non quello di ritornare in contatto con il proprio pubblico: «All'inizio non sapevo che cosa scrivere perché non avevo nulla di cui lamentarmi», scherza lui, prendendo in giro l'attitudine conclamata di tanti artisti. Lo fa a modo proprio, senza accenti. Ma lo fa.
Dopotutto è arrivato in cima senza essere coccolato da un talent show e ci è rimasto semplicemente perché è unico. Ad esempio, giovedì inizierà a Torino il tour mondiale che ha già venduto una quantità strabiliante di biglietti. E lo farà proprio come nei tre concerti esauriti del 2015 allo stadio di Wembley: solo con la propria chitarra. Una risposta alla mania di kolossal che gonfia alcune rockstar tipo U2? «No, questo è semplicemente il mio modo di suonare».
Avrà un palco spettacolare «che non si è mai visto» con una struttura di luci e video che, anche al PalaAlpitour, si sostituirà quasi al soffitto, celebrando il legame con l'Italia dove i suoi genitori arrivarono in viaggio di nozze. «Ho visto un vigneto in Umbria, mi sono innamorato di quel posto e ho acquistato una casa.
Ero lì quando c'è stato il terremoto e ho sentito la terra tremare», racconta con una tranquillità distaccata molto british, che «normalizza» i mega successi (scrive brani anche per James Blunt, One Direction e un «imminente grande artista che torna dopo un bel po'» e si accende soltanto quando accenna ai figli che verranno: «Io non ho mai conosciuto le lingue, ma vorrei che i miei futuri figli imparassero l'italiano per conoscere la vostra straordinaria cultura». E basta. Un sorriso, stringe le mani a tutti e poi via al prossimo appuntamento. La straordinaria, inattesa normalità di un uomo da record.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.