Dire chi sia Minetti è difficile come dire chi sia Amleto. Perché Thomas Bernhard con la sapienza di un grande favolista si ingegna a intorbidare le acque del suo capolavoro fin dall'inizio del sorprendente atto unico. Infatti Minetti si ispira fin nel titolo al grande attore di lingua tedesca su cui si modella l'intera vicenda. Della quale è stato il primo interprete. Quindi il personaggio è in ugual misura l'interprete di se stesso e delle proprie ossessioni. Ed è a lui che ogni altro interprete si ispira in egual misura, ogni volta che il suo alter ego si scinde tra la propria vita dominata dal fantasma del teatro e la sua problematica finita nell'angoscia che lo opprime mentre aspetta che l'armamentario teatrale giunga a soccorrerlo. Quando irrompe sulla scena, vecchio e malato in una notte di tempesta, siamo in un albergo di Ostenda, la città gotica per eccellenza, dove a quanto rivela attende simile a un eroe di Beckett l'arrivo di un emissario. Ovvero il direttore di un teatro immaginario che finalmente gli conceda di interpretare Re Lear, ma nella tragica maschera di Ensor. Ossia truccato da un fantasma malefico e irridente che lo salvi dall'insidia della morte.
Marco Sciaccaluga, alle prese con questo insolito capolavoro gioca magistralmente sul detto e il non detto di un grande attore come Eros Pagni che vediamo, nel corso di un capodanno fantastico e allucinante, alle prese con i fantasmi di una morte che si decanta nella vitalità del teatro. In uno spettacolo di allucinante respiro da vedere e rivedere.MINETTI - Genova, teatro della Corte.
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