"Io anglo-indiano capisco perché un leader indù è una cosa da conservatori"

L'autore di gialli ambientati nell'India coloniale: "In Inghilterra l'integrazione è una tradizione"

"Io anglo-indiano capisco perché un leader indù è una cosa da conservatori"

Abir Mukherjee è autore bestseller molto noto in Gran Bretagna per una pluripremiata serie di romanzi gialli ambientata nell'India coloniale degli anni Venti (In Italia è pubblicata da Sem). Di origini indiane è stato per due volte vincitore del Cwa Historical Dagger e ha vinto il Wilbur Smith Award Adventure Writing. Cresciuto in Scozia, ora vive nel Surrey con la moglie e i due figli ed è il perfetto esempio del livello di integrazione della comunità anglo-indiana in Gran Bretagna. Lo abbiamo intervistato, anche, per capire come in questo fenomeno si inserisca l'arrivo al ruolo di Primo ministro di Rishi Sunak.

Mr. Mukherjee, un premier angloindiano è un grande cambiamento politico e sociale per il Regno Unito, giusto?

«In termini di cambiamento sociale, è una pietra miliare, che non mi aspettavo di vedere nel corso della mia vita. Va detto che è una nomina senza il mandato dell'elettorato, ma il fatto che i parlamentari del Partito conservatore, il centrodestra, abbiano scelto un asiatico/britannico come loro leader e nostro Primo ministro mostra fino a che punto è arrivato il multiculturalismo in questo Paese. In un certo senso, è il nostro momento Obama. Ciò che è stupefacente è quanto poco ci sia stato clamore per la sua etnia. In termini di cambiamento politico, non sono così sicuro sia una rivoluzione. Rishi Sunak è saldamente al centro del suo partito di destra. Ha votato per la Brexit e nella sua scelta di Suella Braverman come ministro dell'Interno, un'altra asiatica britannica di destra, ha segnalato che intende prendere una linea dura su questioni come l'immigrazione e i nostri confini».

C'è una generazione di inglesi di origine indiana, come Lei e il premier, che hanno raggiunto posizioni di grande rilievo. Come ha avuto origine questo fenomeno?

«Questa è una buona domanda. Penso che dipenda da diverse cose. In parte è dovuto ai tradizionali valori britannici di tolleranza. Penso che la società britannica sia sempre stata più aperta e accogliente di quanto gli europei possano immaginare. Certamente non è perfetta, ma è per molti versi più aperta della società francese o italiana a persone che sembrano diverse. Parte di questo deriva dalla storia dell'Impero, dove la Gran Bretagna era vista come la madrepatria di molte nazioni. Il primo parlamentare indiano alla Camera dei Comuni è stato eletto nel 1892, quindi c'è una tradizione. Allo stesso tempo la Gran Bretagna non si è mai vista come etnicamente omogenea. Il termine britannico ha sempre incluso inglesi, gallesi, scozzesi e nordirlandesi... In questo quadro, aggiungendo l'Asia britannica o i Caraibi britannici, penso sia meno difficile che convincere i francesi che le loro popolazioni immigrate hanno lo stesso diritto a una nomenclatura uguale ma distinta; diversa ma altrettanto francese. Poi c'è però un problema di classe sociale. La comunità asiatica britannica è composta da diversi gruppi: musulmani, generalmente discendenti da immigrati dal Pakistan e dal Bangladesh; Sikh, dal Punjab; e gli indù che discendevano da immigrati dall'India, così come dall'Africa orientale. Questo terzo gruppo è quello a cui apparteniamo io e Rishi Sunak, e si può sostenere che abbiamo avuto un percorso più facile rispetto ad altri. Gli indù che vennero in Gran Bretagna generalmente arrivarono come imprenditori o professionisti istruiti. Sono arrivati, non con denaro, ma con qualifiche e, in generale, una padronanza della lingua inglese. Erano, per molti versi, classe media e questo ha permesso loro di integrarsi a un ritmo più rapido. Oggi gli indù britannici sono una delle comunità di maggior successo nel Regno Unito, più istruite e in media più ricche della popolazione bianca britannica. E questo è il problema al centro della società britannica: la classe e il divario sociale. E spesso conta più del colore della pelle o della religione. Persone come Rishi Sunak e me, come figlio di immigrati indiani, hanno avuto migliori opportunità in questo Paese rispetto ai bambini bianchi o neri della classe operaia. E comunque il razzismo non è estinto del tutto».

Possiamo considerarlo un sintomo di un multiculturalismo di successo?

«Lo spero. Come ho detto, è un riflesso della naturale tolleranza e moderazione della maggior parte dei britannici. Non è un caso che abbiano sempre resistito al richiamo dell'estremismo, che fosse fascismo o comunismo. Forse è perché beviamo il tè invece del caffè! Allo stesso tempo, non dovremmo dire che il lavoro è finito. Stiamo parlando di persone della classe media e della classe medio-alta. Non dimentichiamo che Rishi Sunak è il Primo ministro più ricco della storia. È il primo Primo ministro ad essere più ricco del re!».

Lei ha studiato alla London School of Economics, Rishi Sunak ha un percorso molto simile. Quanto sono importanti i corsi scolastici per creare una sinergia tra culture diverse?

«Un aspetto della comunità asiatica britannica è l'importanza che è sempre stata attribuita all'istruzione. La generazione dei nostri genitori, quelli che venivano qui da tutto il mondo, apprezzavano l'educazione dei propri figli sopra ogni altra cosa, spesso investendo i pochi risparmi che avevano nel mandare i propri figli nelle scuole private. L'istruzione è la chiave dell'integrazione perché l'istruzione apre opportunità. Ti permette di passare dalla piccola cerchia di immigrati in cui sei nato, a una società più ampia. Per persone come me, era la chiave per aprire le porte al mondo. E sì, le scuole sono il luogo in cui formiamo le nostre idee. Nessuno nasce razzista. Le scuole hanno un ruolo enorme da svolgere in questo processo. Mio figlio più piccolo ora ha quasi otto anni. Sono lieto di dire che finora non ha mai affrontato il razzismo in vita sua. Alla sua età non avrei potuto dire lo stesso».

Nei suoi libri, ambientati all'inizio del XIX secolo a Calcutta, non è certo tenero verso il colonialismo britannico. Per una persona di origine indiana che peso ha quella storia?

«L'epoca del periodo britannico nella storia indiana è fondamentale per la mia identità. Ha plasmato la mia vita. Io, e quelli come me, siamo il prodotto degli eventi e degli atteggiamenti di quel tempo. Ed è una storia che in Gran Bretagna è stata nascosta per troppo tempo».

E secondo Lei che peso ha per una persona di origine britannica? Uno storico come William Dalrymple in Anarchia. L'ascesa implacabile della Compagnia delle Indie Orientali viene a patti con questo passato, ma non tutti lo fanno...

«Questo è un buon punto. La Gran Bretagna è probabilmente il miglior manager mondiale della propria storia. Non ha mai dovuto affrontare le conseguenze delle sue azioni nel modo in cui forse hanno dovuto fare i tedeschi e gli italiani e i francesi, soprattutto perché non ha perso una guerra in centinaia di anni. Il fatto è che la maggior parte dei britannici non ha mai dovuto conoscere la verità sull'Impero, o cosa è stato fatto dagli inglesi a persone di tutto il mondo.

È importante capire le verità sulla propria storia, altrimenti siamo destinati a fare gli stessi errori. La buona notizia è che gli atteggiamenti stanno cambiando... Il problema è che, per molte persone, il loro senso di identità è avvolto nella loro percezione della storia».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica