«Non sono certo il tipo di scrittore che vorrebbe vincere il premio Goncourt. Mi interssa catturare i miei lettori, invece», confessa neppure tanto a sorpresa Ken Follet. Abbiamo incontrato lo scrittore da 15 romanzi e da 13 milioni di copie a Milano. Oggi alle 11, al teatro Franco Parenti, Follett insieme a Edoardo Vigna presenterà il suo nuovo libro, L'inverno del mondo (Mondadori). Ma la chiacchierata milanese è servita, anche, per raccontare la serie televisiva che andrà in onda sempre a partire da oggi (alle 21,20 su Sky Cinema 1 Hd) dal titolo Mondo senza fine, otto episodi tratti dall'omonimo romanzo «follettiano» del 2007, prodotti dai fratelli Scott, Ridley e Tony.
Intrecci e colpi di scena (molto cinematografici, anzui televisivi) a Kingsbridge, nell'Inghilterra del XIV secolo, per una fiction dal costo di 50 milioni di dollari. «Nella serie precedente, tratta da I pilastri della terra, mi avevano fatto fare un cameo. Ma devo aver recitato talmente male che stavolta hanno evitato di rinnovare l'offerta» ironizza lo scrittore gallese, 62 enne, re della spy story che da qualche anno ha virato sul romanzo d'ambientazione storica.
Anche la trasposizione cinematografica dei suoi libri, che di solito è il punto critico per qualsiasi scrittore, non gli provoca traumi particolari: «Quando mi mandano la sceneggiatura, se è proprio terribile mando una lettera alla produzione. Tanto non gliene importa niente lo stesso». In questo caso però, nel caso cioè della serie tv Mondo senza fine, l'autore è soddisfatto del risultato: «Gli sceneggiatori hanno fatto meglio di quanto avrei potuto fare io».
Ken Follett è un perfetto animale da bestseller, un intrattenitore nato, e (reo) confesso, con l'ambizione esplicita di catturare il lettore, vendere molte copie, fare più successo possibile, ma con stile. Lo specchio perfetto dei suoi libri: trame che vanno dritte al punto, cercano la suspance, dosano i colpi di scena: «La cosa più importante in un romanzo è una trama eccitante», racconta Follett. «Voglio che i miei lettori spengano la televisione e si mettano a leggermi». Altrettanto fondamentale, la documentazione: «Per preparare i miei romanzi uso due tipi di aiuti: c'è un collaboratore che assumo per qualche settimana l'anno. Mi trova le persone da intervistare, i film da guardare, i libri da leggere su una certa epoca che mi interessa. Alla fine controllo tutto personalmente. Dopo aver finito la bozza - continua Follett -: «La affido a un'équipe di sei storici, pagati profumatamente, che fanno il lavoro di rilettura e mi segnalano gli errori».
Per quanto riguarda ad esempio il nuovo romanzo L'inverno del mondo, saga di cinque famiglie durante la Seconda guerra mondiale, Follett si è documentato in modo sui quotidiani d'epoca, e su libri come L'età degli estremi di Eric Hobsbawm. «Poi ho trovato una straordinaria raccolta di foto sull'attacco di Pearl Harbour nella rivista Life», ha aggiunto Follett: «C'erano delle didascalie con delle crocette che spiegavano quale fosse l'aereo giapponese, qual era l'obiettivo, eccetera. Materiale molto utile per sceneggiare un'azione di guerra». E mentre L'inverno del mondo da due mesi è nella top 20 dei libri più venduti in tutt'Europa - Italia compresa, naturalmente - Follet prepara il prossimo romanzo, cioè la terza parte della trilogia The Century dedicata al Novecento. Il libro pare debba intitolarsi Il bordo dell'eternità. «Sarà sulla guerra fredda, la storia inizia nel 1962 e finisce nel 1989 - anticipa lo scrittore gallese - e al centro della vicenda c'è una famiglia che vive nella vecchia Berlino, e che al momento della costruzione del muro si ritrova dalla parte sbagliata...». Ci sarebbero già 300 pagine pronte della prima bozza.
Non si cullerà a lungo, scommettiamo.
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