Il lato oscuro della gioia e del dolore

Ogni scrittore, ma specialmente l'autore di teatro vive un amore e un odio assolutamente identici per il proprio personaggio-chiave. Che con infinite variazioni muore e rinasce da una pièce all'altra cambiando spesso atteggiamento, identità e persino sesso. Ma senza per questo rinunciare all'identità profonda che lo anima pur nel suo continuo trasformismo. Una caratteristica, questa, che ritroviamo nella drammaturgia di Saverio La Ruina, autore e interprete dei propri testi. Che esordì anni or sono con Dissonorata seguita da La Borto, analisi spietata della sofferenza femminile prima di concludere la triade con Italianesi. Aspetti, questi, di una condizione umana tormentata che oggi si ritrova nel ritratto di un personaggio insieme giovane e vecchio, vittima della propria omosessualità. Divorato, come dice il titolo, dal fatto di sentirsi contemporaneamente Masculu e fiammina. Nella piccola scena minimalista della tomba sepolta dalla neve dove giace la madre, Saverio finalmente confessa il suo tormento esistenziale. Fino ai ricordi delle sue esperienze amorose sempre amaramente troncate dall'insorgere beffardo di un mondo che gli si opponeva.

Continuando a proclamare il doloroso inferno di questa contraddizione che lo porterà, più che ad amare un uomo, a cercare la pietas di un universo che si spalancherà ad accoglierlo come un eroe romantico, solo nell'abbraccio della morte. Che lo soffocherà sotto la neve che spiove sul sepolcro materno. Una prova tra le più intense e sorprendenti di questa stagione.

MASCULU E FIAMMINA Milano. Piccolo Teatro Studio.

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