Libertà, utopia, patria "L'Isola delle Rose" (ri)sboccia al cinema

La storia vera del micro Stato nell'Adriatico. Nato il primo maggio 1968, visse pochi mesi

Libertà, utopia, patria "L'Isola delle Rose" (ri)sboccia al cinema

A raccontarlo quasi non ci si crede. E infatti il film lo hanno intitolato L'incredibile storia dell'Isola delle Rose. Il perché lo racconta il regista Sydney Sibilia: «A volte le idee le trovi come i rabdomanti che vanno in giro con il bastoncino. Stavamo scrivendo Smetto quando voglio 2 e 3 e stavo spesso su Wikipedia quando mi appare la rubrichina "Non tutti sanno che seguita" dalla scritta L'Isola delle Rose micronazione. A quel punto mi sono messo a leggere e mi son detto: Ma come mai nessuno ne ha mai girato un film?».

Detto, fatto. Dal 9 dicembre, su Netflix, in 190 Paesi. Ma che cos'è l'Isola delle Rose? Facciamo un passo indietro. Siamo nel 1958 e l'ingegnere bolognese Giorgio Rosa, 33 anni, immagina la costruzione di una piattaforma artificiale in mezzo all'Adriatico, davanti Rimini ma al di fuori delle acque territoriali italiane. Il film si concentra tutto nel 1968, ma la costruzione di quei 400 metri quadrati ha bisogno di tempo per le poche risorse e mezzi che l'ingegnere aveva a disposizione. Fatto sta che nel 1967 l'isola, dotata anche di acqua potabile trovata con una trivella, viene aperta al pubblico. Si andava a bere e a ballare, e la piattaforma, simile a quelle petrolifere, si trasforma in una meta esotica e libertaria per gli annoiati ragazzi della riviera romagnola. Solo una discoteca? Nel film, girato in parte a Malta nel bacino artificiale più grande d'Europa per le riprese acquatiche, il personaggio di Gabriella (Matilda De Angelis), la moglie di Giorgio Rosa a cui presta corpo e voce con perfetto accento bolognese Elio Germano, glielo rinfaccia spesso. Non fu solo una discoteca. L'isola artificiale dichiarò l'indipendenza (dall'Italia e dal mondo) il primo maggio del 1968. Una data simbolica che è una coincidenza non solo perché l'ingegnere Giorgio Rosa aveva brevemente militato diciottenne nella Repubblica di Salò. La verità è che la politica non c'entra.

C'entra forse la vena paradossalmente anarcoide e autarchica, ma costruttiva, propria degli ingegneri. Rosa fabbricava velivoli e automobili da solo (uno dei natanti usati per la costruzione della piattaforma lo aveva fatto lui con il motore di una 500). Così un po' per celia, un po' per principio, insieme all'amico Maurizio Orlandini (Leonardo Lidi), inizia a stampare moneta, poi francobolli, a darsi un governo e una lingua, l'esperanto, che usa per il nome della sua creatura: Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj (Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose).

A quel punto iniziano i guai e il film, prodotto dall'illuminato Matteo Rovere (il regista di Il primo Re e di Romulus) e scritto con brio e ironia dal regista con Francesca Manieri, racconta molto bene questa parte di storia. «L'Isola delle Rose» entra in rotta di collisione, non solo ideale, con il governo italiano. Ecco un Giovanni Leone, interpretato da Luca Zingaretti, presidente del Consiglio di un governo non a caso definito balneare, notevolmente infastidito, affidare al ministro dell'Interno, il siciliano Francesco Restivo (Fabrizio Bentivoglio), la risoluzione del problema. Ma già all'alba del 25 giugno 1968, proprio mentre il secondo governo Leone giurava, le forze dell'ordine prendono possesso della piattaforma. Rosa inizia una lunga battaglia legale che lo porta anche a immaginare un ricorso al Consiglio d'Europa di Strasburgo (nel film vediamo il grande attore francese François Cluzet interpretare il funzionario che cerca di aiutare l'ingegnere). Ma non ci sarà nulla da fare.

Sottolinea Luca Zingaretti: «È stato divertente rivisitare quei momenti perché gli anni '60 vengono ricordati o per il boom economico o per la contestazione, ma il film racconta anche che sono stati anni meravigliosamente belli e folli». Mentre Fabrizio Bentivoglio, nel ricordare una frase di Restivo, «ogni qual volta la democrazia viene minacciata, il Paese risponde subito di istinto», dice: «Ecco la grande contraddizione di chi, come lui, ha contribuito a scrivere la Costituzione, anche l'articolo 11, poi tradito, che recita che l'Italia ripudia la guerra». Difficile dire se il finale, già scritto («L'unica guerra di aggressione dello Stato italiano»), dell'incredibile storia dell'Isola delle Rose sia giusto o sbagliato, ma certo qualche ragione ce l'ha Elio Germano quando dice che «era un'epoca in cui si faceva a gara a essere più strambi di tutti. Oggi si cercano i like per adeguarsi agli altri. Mi è piaciuto molto l'aspetto nerd del personaggio, la sua non era un'impresa ideologica, ma il voler fare una cosa, molto grande, da solo».

In realtà l'ingegner Rosa è stato sostenuto e aiutato anche dalla moglie Gabriella: «È un personaggio molto interessante - dice Matilda De Angelis che vedremo su Sky nell'importante miniserie statunitense The Undoing - Le verità non dette - una donna estremamente all'avanguardia, motore di molte scelte di Rosa. Era una storia che io, pur bolognese, non conoscevo affatto ma neanche i miei genitori e i miei nonni».

Per fortuna a ricordarla, dopo Walter Veltroni che appare come consulente storico perché ha romanzato la storia nel libro L'isola e le rose, c'è L'incredibile storia dell'Isola delle Rose che però, un po' come L'isola non trovata cantata due anni dopo da Guccini ispirato da Gozzano, «come una splendida utopia, è andata via e non tornerà mai più».

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