L'uomo dalla maschera di ferro è un film francese del 1962 che andrà in onda questo pomeriggio alle 14.24 su Rete 4. La storia dell'uomo costretto a vivere in prigione con il volto nascosto dietro una maschera e di cui non si seppe mai la vera identità venne raccontata da Alexandre Dumas, che rese l'uomo il protagonista del romanzo Il visconte di Bragelonne, che conclude la trilogia iniziata con I tre moschettieri.
L'uomo dalla maschera di ferro, la trama
D'Artagnan (Jean Marais), divenuto ormai capitano dei moschettieri del re, viene richiamato dal cardinale Mazarino che gli affida una missione segreta e delicatissima: deve trovare il fratello gemello del re Luigi XIV. Il Re Sole, infatti, è alle prese con una brutta febbre che potrebbe essergli fatale e, dunque, lo priverebbe della possibilità di sposare la principessa spagnola. Un'eventualità che non si può avverare: qualora il matrimonio dovesse saltare, infatti, la Francia si vedrebbe costretta a iniziare un nuovo periodo di ostilità con la corona spagnola.
D'Artagnan, dunque, non ha altra possibilità che accettare l'incarico e partire verso la fortezza sull'Isola San Margherita che si trova nell'arcipelago delle Isole di Lerino, al largo di Cannes e della Costa Azzurra. Qui D'Artagnan scopre che il fratello gemello del re ha vissuto sotto un'altra identità, con il volto nascosto dalla maschera di ferro proprio perché nessuno notasse la somiglianza tra l'uomo e il delfino di Francia. Quella che era partita come una semplice missione di recupero si trasforma, per D'Artagnan, in una vera e propria avventura, dal finale inaspettato.
La maschera di ferro: vera storia, trasposizioni ed errori
Il mistero dell'uomo dalla maschera di ferro è un giallo che ha sempre affascinato moltissime persone: non solo contemporanei dello sconosciuto prigioniero, ma anche spettatori che nel corso dei decenni si sono lasciati irretire dalla storia di quest'uomo costretto a indossare una maschera che ne celasse i lineamenti. Alexandre Dumas cooperò senz'altro a rendere famosa la storia, al punto che nel ventesimo secolo vennero realizzati numerosi film intorno al misterioso uomo dalla maschera di ferro. Il più famoso è senza dubbio quello del 1998 intitolato La maschera di ferro e diretto da Randall Wallace. In questa trasposizione Leonardo DiCaprio interpretava sia Luigi XIV sia l'uomo dalla maschera di ferro, mentre Jeremy Irons, John Malkovich e Gerard Depardieu prestavano rispettivamente i volti a Aramis, Athos e Porthos, i tre moschettieri chiamati a svelare l'imbroglio della corona francese.
Come riporta il sito della Treccani, il nome Maschera di Ferro venne affidato a un prigioniero di cui non si seppe mai la vera identità. Il "nomignolo" venne dato proprio dal fatto che sul volto dell'uomo c'era sempre una maschera che, tuttavia, non era di ferro, ma di velluto nero, con molle di ferro che ne garantivano tanto la chiusura quanto la sua permanenza sul viso, senza che potesse essere tolta volontariamente dal prigioniero. Maschera di Ferro era affidato al governatore Saint-Mars, che lo portò sempre con sé: quando il suo lavoro lo obbligava a cambiare sede, l'uomo trasportava sempre con sé il prigioniero, come se il suo lavoro principale fosse di non perderlo mai di vista. Fu soprattutto Voltaire a rendere nota l'esistenza di siffatto personaggio, di cui aveva sentito parlare durante un periodo che egli stesso passò in prigione. E fu sempre Voltaire a ipotizzare che dietro la maschera ci fosse il gemello del Re Sole, nascosto lì dietro e lasciato a marcire in prigione affinché non avesse ad avanzare pretese sul trono di Francia. Questa idea sull'identità "reale" del prigioniero venne resa ancora più plausibile dal fatto che quando Maschera di Ferro morì ogni suo più insignificante oggetto fu dato alle fiamme, che divorarono qualsiasi possibilità di identificare il misterio personaggio.
Con un tale mistero sulle spalle non si fatica a comprendere perché questo personaggio sia diventato il centro di tanti racconti, di cui L'uomo dalla maschera di ferro rappresenta forse la prima trasposizione cinematografica in grado di raggiungere una fetta piuttosto ampia di pubblico, rendendo la vicenda ancora più popolare. Nonostante questo primato, però, la pellicola del 1962 presenta alcuni anacronismi. Il più grave dei quali è quello che riguarda la pena di morte. Nella pellicola, infatti, viene mostrata la morte di un personaggio che avviene per squartamento. Una pena estremamente feroce e violenta che, sotto il regno di Luigi XIV era anche piuttosto rara. Si tratta di un metodo di uccisione usato quasi esclusivamente per reati gravissimi, quali ad esempio il regicidio.
La morte del re per mano di un criminale avrebbe dunque portato alla decisione di procedere per squartamento; per i crimini meno gravi, invece, era assai più comune la morte data per impiccaggione. Il regista, dunque, scelse di votarsi più alla spettacolarizzazione a ogni costo che all'esatta trasposizione di un preciso momento storico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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