Su Rai Uno e per sei prime serate torna una tra le fiction di maggior successo degli ultimi anni. Stiamo parlando di Nero a metà che, dal 4 aprile, è in onda con gli episodi – molto attesi – della terza stagione. Una serie ruvida, dalle storie intense e mai banali che ha trovato il favore da parte del pubblico proprio perché ha unito l’indagine poliziesca alle storie intime e personali del commissariato del Rione Monti di Roma. Con un raggiante Claudio Amendola nel cast e nel ruolo dell’ispettore Carlo Guerrieri, nella serie c’è anche Miguel Gobbo Diaz che presta il volto al vice ispettore Malik Soprani. Un personaggio amato e pieno di sfaccettature. In vista della prima puntata di Nero a metà, abbiamo scambiato 4 chiacchiere con l’attore italiano ma originario di Santo Domingo.
C’è grande attesa per la nuova stagione. Lei cosa può dire a riguardo?
"Il filo della storia si riavvolgerà lì dove è stato interrotto. Abbiamo lasciato Malik alle prese con una serie di decisioni da prendere sia nel privato che professionali. In un certo senso, lui ha dovuto assumersi le proprie responsabilità e maturare come persona. La terza stagione parte proprio da qui. Fin dall’inizio, il pubblico imparerà a conoscere un Malik più adulto, più maturo e che prende decisioni più ferree in base a tutto il percorso che ha compiuto fino a questo momento. E poi, oltre a questo, ci sarà anche un Malik più spensierato e più divertente. Non un cambio repentino perché il mio è un personaggio serio e compìto, però, si apre un po’ di più e fa cadere la sua corazza".
Lei interpreta Malik da tre anni, oramai. In poche parole, come lo descriverebbe? Quali sono le caratteristiche principali?
"Mi viene in mente un aggettivo. Malik è una persona determinata, sa quello che vuole, ha ben chiaro i suoi obbiettivi dal punto di vista professione e, nella terza stagione, anche in merito alla sua sfera privata. Si immerge nel ruolo di padre e, proprio per questo, Malik si fa conoscere in una veste molto diversa dal solito. Ha avuto un’ottima evoluzione nel corso del tempo. All’inizio era un po’ spaesato, poi nella seconda stagione ha capito cosa voleva fare della sua vita e, alla fine, è arrivato a capire cosa è meglio per lui e per gli altri. Quindi, in sostanza, ora si trova a mettere in atto le decisioni che ha preso durante il suo percorso di crescita".
In lei c’è qualcosa del suo personaggio?
"Risponderei di no. Però, è ovvio che nel momento in cui mi trovo a recitare in una fiction lunga è normale che io e Malik ci compensiamo. Lui prende qualcosa da me e io da lui. Entrambi abbiamo mostrato le nostre caratteristiche migliori, come la determinazione, il credere in quello che è giusto e il lottare per ciò in cui si crede. Sono cose importanti per me e lo sono anche per Malik".
Il titolo della fiction è molto emblematico. Perché Nero a metà?
"Invece ho sempre creduto che il titolo fosse inequivocabile. Dietro c’è tutto un significato che si riferisce tanti fattori, ad esempio: all’oscurità del personaggio di Claudio Amendola. E’ stata una scelta particolare. Di solito si crede che il filo conduttore sia legato solo a Malik, perché di colore e perché è un emigrato, ma dietro al significato c’è molto altro. Non è solo una similitudine che è legata al lato oscuro che abbiamo dentro, più che altro, è qualcosa che si avvicina alla storia intima e travagliata dell’ispettore Guerrieri".
Secondo lei, perché Nero a metà è così amato dal pubblico?
"Non c’è un vero e proprio ingrediente per il successo della serie tv. Alla base di Nero a metà c’è la voglia di fare qualcosa di diverso nel panorama televisivo. Proporre storie che il pubblico, di solito, non è abituato a vedere come quella di un poliziotto di colore. Poi se la narrazione è coinvolgente, gli spettatori non vanno via. Inoltre, la cosa più importante è quella di restare aggiornati e al passo con i tempi. Ovvero, scrivere storie attuali".
Tra lei e Claudio Amendola, chi è il vero protagonista della fiction?
"Il protagonista è l’ispettore Guerrieri con la sua storia presente e passata. Allo stesso modo, anche Malik è protagonista. Le due storie, la mia e quella di Carlo, percorrono due rette parallele. Quando si incontrano… è così che sono nati i legami di “Nero a metà”. Né io né Claudio Amendola possiamo viaggiare da soli. La mia storia contempla la sua e viceversa. Siamo un gruppo e l’importante è cercare di raccontare qualcosa di credibile e che possa appassionare il pubblico".
Cosa ha significato dividere il set con Claudio Amendola?
"Lo auguro a tutti di avere un compagno di recitazione come lui. È un’esperienza bellissima. Claudio è un attore straordinario che regala molte soddisfazioni sul lavoro. Ho imparato molto da lui e non smetterò mai di ringraziarlo".
Prima della terza stagione di Nero a metà ha preso parte a Zero, la serie di Netflix. Il progetto non ha avuto successo, nonostante fosse molto particolare. Cosa non ha funzionato?
"C’è poco da dire. Purtroppo al pubblico non è piaciuto come tutti si aspettavano. Non resta che prenderci le nostre responsabilità. Alzarci, ricominciare e lavorare ad altri progetti senza arrendersi".
Dopo la fiction ci sono progetti per il futuro?
"Ho tante cose in pentola. Ci sono progetti in via di sviluppo ma ne parlerò a tempo debito".
Forse è prematuro, ma ci sarà una stagione 4 di Nero a metà?
"Non lo so. Alla fiction auguro il meglio. Se ci sarà una stagione 4, anche Malik ci sarà".
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