È un artista sotto tutti i punti di vista. Ama il teatro, il cinema e la recitazione più di se stesso. Oggi Maurizio Lombardi è un attore di punta del cinema nostrano. Celebre per aver recitato in grandi produzioni, come il Pinocchio di Matteo Garrone o il Ragazzo Invisibile di Salvatores, è stato visto anche in diverse serie tv come i Medici, Il nome della Rosa e The Young Pope di Paolo Sorrentino. Maurizio Lombardi non si ferma di fronte a nulla. È un uomo dai mille interessi a cui piacciono le sfide. Dal 5 maggio è al cinema nel ruolo di un fumettista con una sindrome ossessivo-compulsiva in Tapirùlan, nel primo film diretto da Claudia Gerini. Per l’occasione ci ha raccontato quali sono i suoi hobby, le sue passioni e cosa vuol dire essere un attore che rappresenta l’Italia all’estero.
Nella sua biografia c’è scritto che lei è attore di cinema, di teatro e anche regista. Ma chi è invece il vero Maurizio?
"Maurizio è questo e molto altro ancora. È un ragazzo a cui piacciano le novelle. È rimasto un bambino a cui piace ascoltare le storie vicino una stufa calda".
Recitare non è solo un mestiere ma una vera e propria arte. Cosa significa per lei?
"Non è solo un lavoro, come dicono in tanti. Recitare è mettersi a nudo di fronte al pubblico, è comunicare qualcosa attraverso il linguaggio del corpo e il tono della voce. Non è facile dire di essere un attore e, soprattutto, dire di saper recitare. Per cimentarsi e rendere al meglio c’è bisogno di spersonalizzarsi, di sciogliere tutte le paure e cercare di entrare in contatto con il pubblico. Quando mi trovo a teatro o davanti una macchina da presa cerco di non essere solo Maurizio, ma un veicolo per lasciare qualcosa a chi mi sta vedendo in quel preciso momento. Il bello di essere un attore è quello di suscitare le emozioni attraverso un sorriso, una frase, uno sguardo. Ho sempre visto il mio ruolo come quello di un super-eroe".
E come ha vissuto il periodo in cui non ha potuto trasmettere queste sensazioni al pubblico?
"È stato un periodo tremendo, ma non mi sono mai fermato. Ho continuato a lavorare anche se chiuso in casa, e a ragionare su spettacoli che avrei potuto portare in scena. Appena è stato possibile ho fatto alcune prove con un gruppo di ragazzi in un piccolo appartamento. Poi, un paio di giorni dopo il via libera per l’apertura dei teatri, era il 7 luglio, sono andato subito in scena a Fiesole. Ho trovato un pubblico caloroso che aveva il bisogno di tornare a vivere. Come se avessero bisogno di provare una forte emozione. Trovarmi lì dopo mesi di chiusura è stata una sensazione bellissima, che quasi non riesco a descrivere. È come se avessi avuto di nuovo il battesimo del palcoscenico".
È tra i protagonisti del primo film da regista di Claudia Gerini. Un film che spiega l’importanza di affrontare i problemi che affliggono la nostra vita. Dal suo punto di vista, quale potrebbe essere il “segreto” per vivere la meglio con noi stessi?
"Il punto è questo. Purtroppo, o per fortuna, noi siamo delle macchine biologiche e senzienti. I nostri sensi li abbiamo per comunicare. Dobbiamo vivere a contatto con gli altri per assorbire esperienze. Il film della Gerini mette in scena i problemi legati alla tecnologica e il fatto che oggi per tutti noi è più facile affrontare le cose dietro lo schermo di un computer o di un cellulare. Le problematiche si acuiscono quando si è spinti a vivere una vita in solitaria e lontana dagli affetti. Quelli sono importanti. Non si tratta di capire cosa può essere meglio per noi stessi. Gli esseri umani non sono fatti per stare da soli. Oltre che macchine biologiche, siamo anche animali sociali. Il mio personaggio nel film cerca di spiegare questo punto. Interpreto un fumettista con una sindrome ossessivo-compulsiva, che in una società come la nostra, non riesce proprio a trovare un appiglio per restare a galla. Solo quando esce fuori di casa riesce a trovare la soluzione ai suoi disturbi".
Nella vita di tutti i giorni quali sono i suoi hobby?
"Sono molteplici. Mi piace molto il disegno, la moda e il designer. In maniera viscerale sono innamorato dei motori e delle moto in particolare. Perché un motore è fatto di olio, pulsa di vita, è più vicino al corpo di uomo rispetto a quanto può essere un cellulare o un computer".
Lei è un attore che si è cimentato in ruoli e storie sempre diverse. Tra cinema e teatro cosa preferisce?
"Non ho un luogo in cui mi sento più a mio agio. Non preferisco il cinema al teatro o viceversa. Quando recito devo divertirmi o altrimenti non riesco proprio a entrare nel ruolo. In passato sono andato via da compagnie e da set cinematografici perché non trovavo la magia di cui avevo bisogno".
È un attore italiano che è molto richiesto all’estero. Cosa ricorda delle sue esperienze al di fuori del nostro Paese?
"Trovarmi a recitare insieme a Jude Law e John Malkovich in the Young Pope è stato facilissimo perché ti lasci coinvolgere dalla loro bravura. Ma non è solo questo. Ho notato che la nostra cultura e la nostra storia sui set internazionali viene molto apprezzata. C’è una sorta di riverenza nei nostri riguardi. È strano, ma è quello che ho sentito sulla pelle. Questo perché noi abbiamo una scuola di recitazione molto forte, una tra le più invidiate al mondo".
Quindi la vedremo su altri set internazionali?
"Ho finito di girate la serie Ripley e ho diviso il set con Andrew Scott e Dakota Fanning. Una grande serie che ha occupato ben 9 mesi di lavorazione. Poi in programma ci sono diverse uscite di film indipendenti. Non solo quello di Claudia Gerini, ma anche un lavoro bellissimo con Fanny Ardant che è ancora in fase di montaggio. Qui interpreto un pianista e ho il piacere di essere il marito della straordinaria Fanny".
Sta
vivendo un periodo di grandi successi. Se tornasse indietro, cosa cambierebbe del suo percorso artistico?"Di quello che ho fatto non ho rimpianti. Se potessi, non darei importanza allo studio ma solo alla recitazione".
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