"Il mio “Twin Peaks”? Non nasce dal nichilismo ma da Elvis Presley"

Il regista David Lynch: "È un'opera frutto dell'amore per l'America provinciale che non esiste più". "Troppa psicologia uccide il mistero"

"Il mio “Twin Peaks”? Non nasce dal nichilismo ma da Elvis Presley"

da Los Angeles

Le tappe fondamentali per il David Lynch regista sono state sostanzialmente quattro: Eraserhead , il suo primo film del 1977, The Elephant Man (1980), Blue Velvet (1986) e Mullholland Drive (2001). Quattro cult-movies. Ma tra il 1990 e il 1992 l'eclettico Lynch (anche musicista, fotografo, attore, pittore e noto praticante della Meditazione trascendentale), ha sfornato un'opera televisiva passata alla storia, la serie Twin Peaks .

«Chi ha ucciso Laura Palmer?» - il mistero al centro della storia ambientata in una piccola cittadina nella costa Pacifica nord-ovest degli Usa - divenne all'istante lo slogan nazionale, quasi un tormentone. La serie creata e prodotta (e parzialmente diretta) da Lynch, con protagonisti Kyle MacLachlan, Laurie Piper, Sherilyn Fenn, Miguel Ferrer e Heather Graham (tra i tanti del cast), non solo fu un enorme successo ma rivoluzionò teorie e pratiche del racconto televisivo. La musica di Angelo Badalamenti, da allora collaboratore fisso di Lynch, influenzò con la sua chitarra elettrica trip-country molto cinema a venire (soprattutto Quentin Tarantino), mentre la voce androgina di Little Jimmy Scott penetrò nei meandri del tessuto nazionale.

Nel 1992, a serie completata e conclusa, Lynch diresse il film Fuoco cammina con me , una sorta di prequel di Twin Peaks che racconta l'ultima settimana di vita proprio di Laura Palmer (Sheryl Lee). Il film, surreale e molto dark, stranamente fece un buco nell'acqua: fu un flop clamoroso. Ma la serie tv è rimasta nella storia dell'intrattenimento pop, analizzata, imitata, decostruita. Esce adesso in cofanetto in versione blue-ray (e dvd), proprio mentre sta uscendo il documentario che Lynch ha girato sui Duran Duran e sta portando in giro per il mondo la sua mostra fotografica The Factories Photographs .

Ricorda Lynch, 68 anni, col suo ciuffo perenne e la parlata nasale d'antan e un po' sinistra: « Twin Peaks è frutto del mio amore per quell'America provinciale come dovrebbe essere e che non esiste più. Io sono del Montana, di Missoula per la precisione, una cosa di niente in mezzo al niente, perfetta per involarsi con la mente. Da giovane sono stato in Europa, anche a Parigi, ma mi mancava McDonald's. Ho resistito solo tre mesi».

David Lynch è una via di mezzo spiazzante tra la cultura di frontiera, pronta a tutto e individualista, e quella più raffinata di provenienza mitteleuropea con una predilezione per il nichilismo nietzschiano, ma anche per Schopenhauer e Sartre.

«C'è chi dice che Twin Peaks sia pervaso del trascendentalismo di Ralph Waldo Emerson», ha detto Lynch nel corso di un recente incontro a Los Angeles per il lancio della riedizione in blue-ray della sua celebre serie. «Di sicuro ho letto Emerson, non lo nego, e devo molto a lui, soprattutto per la sua critica alla pressione sociale sull'individuo e la dichiarazione d'indipendenza intellettuale. Ma quando io scrivo qualcosa per un film, ovvero una serie come Twin Peaks , cerco di buttare tutto dalla finestra e non pensare troppo all'analisi e all'interpretazione, perché uno rischia di rimanere bloccato nel circolo ermeneutico vizioso che sottrae alla fabula ogni suspense . L'eccesso di psicologia uccide il mistero».

Curiosa questa sua ammissione, specie dopo aver letto una serie di saggi che vengono puntualmente studiati nelle università americane sulla filosofia intrinseca all'opera di Lynch. «Vengo spesso accostato a Schopenhauer e Nietzsche, ma io mi sento più vicino a Elvis Presley o alle strisce di Doonsbury», dice Lynch con malcelata civetteria. Tra il 1988 e il 1992 Lynch ha pubblicato come fumettista la striscia The Angriest Dog in the World sul quotidiano Los Angeles Reader .

«Come cineasta adoro Fellini, Bunuel, Goddard e Bergman, ma ammetto di non essere un cinefilo: non ho mai avuto né tempo né pazienza sufficiente per andare a vedere troppi film. Le idee migliori mi vengono in mente improvvisamente, come un flash, quando medito. Anche Twin Peaks è nato così: avevo appena iniziato allora a meditare e la storia mi è praticamente colata addosso».

Lynch ama moltissimo l'idea del «cofanetto» di una serie tv, visibile in una sola lunga abbuffata. «Mi sono visto di filato tutto Breaking Bad e Mad Men - dice -. Secondo me è l'unica maniera per vedere le serie tv: un episodio dopo l'altro, come un film di 20 o 40 o 100 ore. Come una droga, non ne hai mai abbastanza».

Lynch non ha aggiunto nulla a Twin Peaks versione blue-ray, 24 anni dopo il suo debutto. «Non condivido il concetto del ri-montaggio, del tornare sopra un'opera già pubblicata.

Mi piace inoltre eliminare le interruzioni tra un episodio e un altro, ed è così che vorrei che si rivedesse Twin Peaks , senza soluzione di continuità. Un film, o telefilm, non è come un libro, non puoi seguirlo a singhiozzo, devi vedertelo tutto d'un fiato. Un continuum ininterrotto, un sesso che non finisce mai, tantrico».

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