«Chi tocca i fili muore»: la scritta era visibile, ma Gary Garrels, il direttore del Museo di arte moderna di San Francisco e uno dei curator più noti d'America, deve aver ingenuamente sottovalutato l'avvertimento. Così è stato fulminato dalle proprie parole e nei giorni scorsi ha dovuto rassegnare le dimissioni e, rassegnato, profondersi in profonde scuse. La notizia ha fatto il giro dell'art system senza troppi commenti, considerando che ogni commento avrebbe potuto essere travisato dalle prefiche del politicamente corretto. Garrels infatti si era permesso, da principio a margine della presentazione delle nuove acquisizioni di opere di artisti di colore, di dire che il museo avrebbe continuato «sicuramente» a collezionare anche artisti bianchi e, in seguito durante una riunione già riparatoria, di ribadire che altrimenti si sarebbe trattata di una «discriminazione all'incontrario». La petizione per la rimozione «non negoziabile» di Garrels è deflagrata subito, firmata da 180 dipendenti che si domandavano da quanto tempo e in che modo le convinzioni «tossiche» ispirate al «suprematismo bianco» del direttore riguardo la razza e l'equità tra generi avessero condizionato i contenuti dell'istituzione. E questo, nonostante egli avesse da poco deciso di vendere un dipinto di Mark Rothko della collezione del museo e con il ricavato, 50 milioni di dollari, comprare opere di artiste donne, artisti di colore, e artisti che si auto-identificano nella sigla Lgbtq, proprio al fine di diversificare la proposta espositiva. Il solenne autodafè di Garrels non è servito a evitare il rogo: «Mi scuso, ho capito che il termine discriminazione all'incontrario è offensivo, combattere per la vera diversità è la battaglia più importante dei nostri tempi».
Tralasciando il fatto che è difficile credere che gli artisti bianchi facciano arte per affermare la supremazia bianca, al massimo per affermare il proprio sé che non ha colore, e gli artisti sono grandi o pessimi non per colore o genere, la cosa divertente è che nelle tenzoni etiche quando si evoca la purezza dei propri intenti c'è sempre uno più puro che ti epura; l'altro giorno la sigla Blm si estendeva a una mostra d'arte contemporanea, sì Blm ma anche Lbgtq che del Blm è una parte più
piccola, oppure dobbiamo ritenere che Blmlgbtq sia invece una sottocategoria di Lgbtq, chissà... In attesa che arrivi un'ulteriore minoranza più piccola che, sentendosi discriminata, chiederà la testa del suprematista di turno.
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