La pandemia fa sceneggiatura. Film e tv sono positivi al virus

Non solo sale vuote. Dalla commedia "Locked Down" al distopico "Songbird", il cinema si ispira all'attualità

La pandemia fa sceneggiatura. Film e tv sono positivi al virus

Che il Covid abbia penalizzato pesantemente il grande schermo non è notizia di oggi. Basta guardare il botteghino delle ultime settimane o dare un'occhiata alle foto, postate sui social, dei cinefili circondati da seggioline vuote, per capire che la piena ripresa del cinema è qualcosa, per ora, di utopico. Eppur, si muove. Nel senso che, almeno, la pandemia ha risvegliato la fantasia atrofizzata di quegli sceneggiatori che, soprattutto nei primi mesi del lockdown 2020, hanno imbastito storie e film decisamente più gradevoli di quelli scritti ante Covid.

Ad esempio, in questi giorni, trovate nelle sale Songbird, film che un po' ce la tira, nel senso che si immagina un futuro (non così in là, visto che siamo nel 2024) distopico nel quale il virus del Covid-19 è mutato, inesorabilmente, in Covid-23, con il mondo che sta affrontando il quarto anno di lockdown, alla faccia dei «ce la faremo». E mentre in Africa, ogni mattina, leone e gazzella si svegliano pensando a correre più del rivale, negli Usa, ogni abitante, appena apre gli occhi, deve misurare la sua temperatura con il cellulare per capire se infettato o meno. Metà della popolazione è stata sterminata e i sopravvissuti vivono in quarantena, chiusi in casa, pena la legge marziale che deporterebbe, in appositi campi, trasgressori e appestati. Solo rari immuni possono girare per le strade deserte, a consegnare oggetti e beni ai reclusi in casa, come Nico che, innamorato di una ragazza «confinata» con nonna, farà di tutto per garantirle un braccialetto che la possa preservare dai rastrellamenti. Un thriller, girato, lo scorso anno, in pieno lockdown, nel quale compare anche Demi Moore, che, al netto di qualche digressione esagerata, si dimostra più convincente di tanti action precedenti. Insomma, di necessità, virtù. E non stiamo parlando dei tanti prodotti che ora stanno arrivando, più che altro, nelle piattaforme streaming, girati in casa come, ad esempio, i riusciti Il giorno e la notte, firmato da Vicari (su Lockdown all'italiana, invece, stendiamo un velo pietoso) o State a Casa di Roan Johnson (due titoli italiani da recuperare, nel caso ve li foste persi). Ci riferiamo a film in esterno, che sfruttano il soggetto pandemia per trasformarlo in oggetto appetibile anche in sala. Come Locked Down, il film «sulla pandemia girato durante la pandemia», prodotto dalla Warner. Siamo a Londra e Anne Hathaway e Chiwetel Ejiofor si stanno separando ma, causa pandemia, devono convivere forzatamente nell'appartamento londinese. Lei è una manager, lui un fattorino che ha perso il gusto di sorprendere la sua donna. Non mancano gli ingredienti a noi tutti noti: mascherine, strade deserte, riunioni su Skype o Zoom, figli che fanno capolino durante le dirette. Fino a quando i due non decidono di compiere un furto, ovvero rubare, dal grande magazzino di lusso Harrods, un diamante del valore di tre milioni di sterline. E, pur non avendo un ingranaggio perfetto, un film, girato in appena 18 giorni, in pieno lockdown, risulta gradevole, sfruttando ciò che avrebbe dovuto danneggiarlo: il virus.

E le serie televisive? Non sono certo state a guardare. Su tutte, da applausi convinti, anzi da standing ovation, è la scelta degli sceneggiatori di Grey's Anatomy che hanno rivitalizzato la saga (siamo alla stagione 17), facendo entrare il Coronavirus nella sceneggiatura. E così, accanto alle vicende personali dei protagonisti, ecco che hanno fatto da sfondo gli ospedali in affanno, le mascherine introvabili, il distanziamento sociale: «Il compito più importante che abbiamo avuto in questa stagione è stato quello di onorare la realtà di questa pandemia globale e l'impatto che sta avendo in particolare sul personale sanitario» ha commentato la sceneggiatrice Krista Vernoff. Riuscendovi. Quello di Grey's Anatomy non è l'unico caso, ovviamente. Il medical drama New Amsterdam ha attualizzato le vicende, legandole anche alla pandemia, come ha puntualizzato l'attore protagonista Ryan Eggold: «La nostra responsabilità è stata quella di portare sullo schermo la lotta degli operatori sanitari e il loro impegno nella battaglia contro il Covid». The Resident, invece, ha trattato il virus nella quarta serie, così come The Good Doctor che ha aperto la stagione quattro con un doppio episodio che ha messo al centro l'epidemia di Covid-19.

E, senza passare per forza dai corridoi degli ospedali, anche la nuova stagione del celebrato This is Us ha introdotto non solo il Covid, ma, dimostrando di essere davvero attuale, anche il Black Lives Matter. Di necessità, virtù.

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