Pericolo e ironia Così «Top Gear» riscalda i motori

Viaggiando a 300 all'ora a Monza siamo entrati nello show di DMax che fa divertire 350 milioni di spettatori nel mondo

Pericolo e ironia Così «Top Gear» riscalda i motori

Io la velocità. La mia competenza di motori è, più o meno, la stessa che può avere il dittatore nordcoreano Kim Jong-un per le libere elezioni. Se sottoposto alle radiazioni di un televisore diffondente immagini di un Gran Premio di Formula 1, potrei addormentarmi nel giro di 45 secondi netti. Ho preso la patente un anno dopo gli agognati (dagli altri) 18 anni, e oggi guido (non male, ma nemmeno troppo bene) per necessità. Cosa ci faccia dunque, io, ai box dell'Autodromo di Monza, a rimirare il cofano minaccioso di una Lamborghini Gallardo GTR Super Trofeo, sulla quale devo salire per raggiungere i 290 km orari al fianco di un pilota mascherato, misterioso (muto e quindi di nessun conforto) è qualcosa di difficilmente comprensibile. O meglio, la spiegazione sta tutta sotto due voci. La prima è che in redazione hanno studiato un perfido sistema di «premio fedeltà», qualcosa che ha più a che fare con l'esperimento antropologico: lanciamo a velocità folle un collaboratore, il cui massimo rischio finora è stato stroncare la brutta scena in un film horror o la stonatura di un cantante, e vediamo se evita l'infarto. La seconda è che quei geni di Top Gear - programma tv mito in Gran Bretagna, nato nel 1977, oggi diffuso in tutto il mondo con 350 milioni di spettatori - sono riusciti a rendere il mondo dei motori qualcosa di dannatamente ironico e coinvolgente. Insomma, uno spettacolo: di cui scrivere, dunque, nelle pagine degli spettacoli. Da qui la fregatura.
In Italia, Top Gear è il pillar show per eccellenza in onda su Discovery Channel (Sky canali 401, 402 e in HD) e su DMax (canale 52 del digitale terrestre free), guidato in ognuna delle 21 stagioni finora dal trio di intenditori d'auto Jeremy Clarkson, James May e Richard Hammond. Al loro fianco, il pilota di bianco vestito, senza nome, senza volto e senza voce che risponde (a gesti) al nome di The Stig. The Stig è come Phantom, l'eroe mascherato nato dal disegnatore Lee Falk: quando va in pensione cede costume e ruolo a un erede, che si vota alla causa.
Da qui il suo apparire eterno e immutabile. Lui, insieme ai tre istrioni british di cui sopra sarà protagonista anche di Top Gear Live, lo spettacolare live show in arrivo al Palaolimpico di Torino sabato 5 luglio (ore 19.30) e domenica 6 (ore 12 e ore 16.30), per due date già in direttiva di sold out (prevendite su Ticketone.it).
Questa versione «teatrale» del programma tv - prodotto da Bbc Worldwide e Sub Zero Ltd in collaborazione con Brand Events Italia - è in tour per quattro continenti, e offre 90 minuti di rito pagano: auto in fiamme, test drive, acrobazie. Il tutto con il commento live dei tre conduttori (tradotti in cuffia per il pubblico, con le stesse voci televisive italiane). Velocità e pericolo, serviti in pista per un pubblico assiso in poltroncina. Beato lui: l'idea per noi è stata invece quella di inscenare un test di sadico bolidismo in autodromo. Ecco perché su quella Lamborghini, al fianco dell'indifferente The Stig, alla fine sono salito.
I ricordi, dopo il giro in pista, non possono che essere confusi. Una volta firmata la liberatoria (di per sé inquietante) e indossato il casco, il mondo reale è come se ti dicesse, renzianamente: ti aspetto alla fine dell'incubo, vai sereno. Dopodiché, in serie: l'abitacolo stretto, spoglio e caldo come un forno, gli addetti che ti imbalsamano in cinture di sicurezza, la portiera che si chiude, il via alla partenza e quel rombo dinosaurico che sale da sotto, e che invita all'esame di coscienza.

Il breve limbo di quasi serenità in lenta accelerazione fino all'entrata in pista e poi solo e unicamente la strada: che diventa sempre più piccola, mentre non osi guardare il contachilometri ma sai che a quei 290 ci arrivi. La schiena incollata alla poltrona e poi, il peggio: le curve. Una volta sopravvissuto, scendo e vorrei chiedere a The Stig perché vive così, ma sarebbe inutile.

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