I 40 anni dell'extraterrestre che racconta la solitudine dei bambini (e di Spielberg)

Rambaldi vinse l'Oscar per la creatura che ora è nella Cineteca milanese. Il film nell'82 fu presentato a Cannes prima di esplodere nel mondo

I 40 anni dell'extraterrestre che racconta la solitudine dei bambini (e di Spielberg)

Una bicicletta vola verso la luna. Due dita si sfiorano. Due parole. «Telefono casa». Storia di un innamoramento galattico. Interplanetario. E dura da quarant'anni ma è solo l'inizio, perché nessuno si è accorto che sono trascorsi quattro decenni da quando E.T. l'extra-terrestre si affacciò per la prima volta sulla terra. Era il 26 maggio dell'82, uno strano mercoledì che chiudeva il Festival di Cannes e il sipario si abbassava con una proiezione speciale. Fuori concorso. Targata Steven Spielberg.

Furono un'edizione e un anno straordinari. La giuria presieduta da Giorgio Strehler assegnò una doppia Palma d'oro. Una a un film eccezionale dai forti toni politici contro Pinochet - Missing di Costa-Gavras - e l'altra a una cinematografia emergente, la Turchia, rappresentata da Yol, leggero come una piuma da due quintali. Tra sorrisi vari la giuria usciva di scena ma rimaneva la voce roca, in lingua originale di un pupazzo che al mondo disse solo: «Home phone».

Perché sembrasse davvero di un altro pianeta Spielberg se ne inventò una delle sue e la voce di E.T. la affidò a un'anziana donna americana con la raucedine di centinaia di sigarette bruciate d'un fiato. I successivi doppiaggi hanno asfaltato quel timbro rimasto solo nella versione originale. Molto duole ma tant'è. Dall'astronave era scesa una creatura indimenticabile che, di lì a poche settimane, invase gli schermi americani e canadesi in giugno per affacciarsi a quelli britannici in agosto, due settimane prima che la Mostra del cinema di Venezia aprisse le porte del Lido all'extraterrestre. Da allora, più che un successo fu una tournée trionfale, anche se le sale italiane dovettero attendere dicembre per poterlo programmare.

Un pugno di settimane e quello strano figuro, giunto dai territori della mente di un genio, prima ancora che da un lontano pianeta o una sconosciuta galassia, si portò a casa un Oscar. Li chiamavano effetti speciali e forse per l'epoca erano specialissimi. A ritirarlo, fu una magia italiana, quella di Carlo Rambaldi, al quale - tempo prima - telefonò, nel cuore di una notte come tante, uno Spielberg un po' confuso. Voleva fare una sorta di seguito di Incontri ravvicinati del terzo tipo ma non aveva le idee chiare. Sul set de I predatori dell'arca perduta si era diradata ogni perplessità. In preda a una crisi depressiva e di solitudine, si sorprese a sognare un extraterrestre buono che rapiva il cuore di tanti bambini buoni come lo era stato lui, derubato del sorriso ingenuo da due genitori che avevano deciso di separarsi.

E. T. che diventa il miglior amico di Elliott, insomma, è autobiografico. E quella notte, a Rambaldi, chiese l'innocenza. Lui rimase ad ascoltare quel racconto tra l'accorato e l'amaro. Poi, si fece coraggio e buttò nel cestino i mostri con le squame. Non era più il loro tempo. Pensieroso, incrociò uno sguardo animale. Quello di un felino, fedele compagno di ogni buon emiliano doc. Rambaldi fissò Chicca, il suo persiano dagli occhi azzurri. E Chicca fissò lui, donandogli l'ingenuità che non abita nel mondo degli umani ma sta d'incanto su lineamenti alieni.

Non c'è da andarne orgogliosi ma spiega perché E.T. sia diventato immortale, anzi, sembra che sia esistito da sempre. E per quale motivo il prestigioso compleanno non sia passato inosservato. Piuttosto, il Festival di Cannes lo ha omaggiato, poche settimane or sono, come si fa con i grandi. Anzi, i grandissimi. Una proiezione pubblica, sulla spiaggia, davanti a una folla rapita. I più fortunati su una sdraio sulla sabbia, gli altri in piedi a colonizzare il lungomare. Tutti, stregati e immobilizzati a guardare quel «cucciolo» che, nel buio di una notte di primavera, lasciava risuonare dietro il Palais du Cinema lo stesso «Home phone» di quarant'anni prima. E fissava il suo pubblico con gli stessi occhi azzurri con cui Chicca aveva rapito il cuore di Rambaldi.

Una favola che non finisce, insomma. Se a giugno la Mostra di Pesaro si è aperta con una proiezione straordinaria di questo capolavoro cinematografico, lui, l'extraterrestre, qualche mese fa è arrivato a Milano, ben protetto dentro una cassa che non sapeva della polvere degli archivi ma di magia e suggestione. Destinazione Cineteca di Milano dove è confluito l'intero lascito di Rambaldi, donato dai figli Victor e Daniela.

Quando è spuntato dalla cassa che lo proteggeva, al direttore Matteo Pavesi, è spuntata una lacrima. Chiamatela commozione. Innocenza. Sogno. Le stesse emozioni che presto risveglierà nei visitatori del museo. La vita dell'alieno più tenero della storia del cinema, dopo quarant'anni, si sdoppia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica