Record: un film sulla Maddalena senza (quasi) una parola di Gesù

L'opera di Garth Davis con le star Mara-Phoenix vivacchia in zona Dan Brown. Nessun afflato metafisico. Solo cliché

Record: un film sulla Maddalena senza (quasi) una parola di Gesù

La parola «apocrifo» serve di solito a indicare uno scritto la cui origine è oscura e incerta. Oscura non solo nel senso del suo autore, ma nella difficoltà a riferire il suo contenuto a qualcosa di storicamente verificabile.

Per me, apocrifi sono tutti i testi che trattano la storia senza prospettiva, che attribuiscono a figure storiche pensieri e concezioni tipiche, per esempio, del tempo corrente.

Il cinema ci ha già presentato un Achille belloccio, un'Elena top model e tutta una galleria di fakes alla quale ci siamo assuefatti al punto che potremmo definire apocrifa tout court l'epoca in cui viviamo. Oggi la chiamano post-verità, o fake news.

Il film Maria Maddalena di Garth Davis uscita ieri nelle sale, con un certo rimbombo mediatico, è un prodotto di questo tipo. L'intento dichiarato è quello di rivalutare una figura che in realtà la Chiesa ha rivalutato già da molto tempo ma che, nella vulgata, mantiene talvolta i contorni di un personaggio volgare, e a nulla serve che il Vangelo la ponga tra i primissimi testimoni della Resurrezione.

In realtà, il culto popolare della Maddalena è molto antico. La donna viene identificata (senza che vi siano riscontri certi) come la prostituta che unge di profumo i piedi di Gesù, perciò l'iconografia la rappresenta sempre con i capelli sciolti sulle spalle. Ricordo che, al mio paese, negli anni Sessanta, le ragazze un po' disinvolte venivano spesso ribattezzate «maddalene» (che sarebbe come dire svergognate).

Ben venga perciò un po' di giustizia per questa figura di santa. A patto però che non si usi la storia come una tavola a fumetti da riempire con le parole che ci piacciono di più.

Quella che vediamo sullo schermo è una Maddalena femminista (nulla in contrario, ce ne fossero di più...) che, destinata al matrimonio, si ribella e, incontrato Gesù, lo segue per diventare suo apostolo o meglio suo alter ego, prendendo pressappoco il posto di Giovanni Evangelista, di cui il film non reca tracce. Siamo insomma in area Dan Brown.

Qui di religioso c'è ben poco, ma questo ci può stare. Assistiamo piuttosto a una celebrazione del mondo femminile, tanto sensibile, dolce, fragile e insieme energico contrapposto, come vuole il cliché, a un mondo maschile violento, possessivo, oppure un po' ottuso, anche quando schietto.

In mezzo a questi due mondi Gesù appare come una sorta di mediatore, secondo il filone gnostico: in lui convergono l'uomo e la donna. Lei è bella anche se non seducente (Rooney Mara), lui (Joaquin Phoenix) è un Gesù un po' vecchiotto e spesso imbelle, con qualche fiammata che subito si spegne. Qui tra attore e regista qualcosa non deve aver funzionato.

Gesù non parla quasi mai: meglio, perché quando parla dice frasi vuote, paroloni. Qui la debolezza del film è palese: lo sceneggiatore non è riuscito a salvare, a parte il Padre Nostro, nemmeno una delle parole dette da Gesù e riportate nei Vangeli. Gesù è un ingombro, un fastidio, qualcosa di cui il regista si sarebbe sbarazzato volentieri. E mi spiace molto per Phoenix.

Ecco la conversazione più bella del film. Gesù si è ritirato in solitudine a pregare (o a «parlare con gli angeli», come dice Giuda nel film), Maria lo raggiunge.

Gesù: «A volte è come se io non fossi qui».

Maria Maddalena: «Si prova questo quando si è uniti a Dio?».

Gesù: «Nessuno mi ha mai chiesto cosa si provi».

Su questo punto sono d'accordo con Gesù: nessuno (per fortuna) gli ha mai chiesto che emozioni si provano a stare uniti a Dio.

Questa identificazione del modo femminile con la fake news dell'emozione, del «cosa si prova», è in effetti qualcosa a cui le donne dovrebbero ribellarsi con tutte le loro forze, un recinto ideologico rispetto al quale il vecchio «io sono mia» è Shakespeare.

Resta infine il problema dei problemi: che non si capisce, dalla prima all'ultima inquadratura, cos'abbia di interessante, quale attrattiva eserciti questo Gesù che Phoenix ha accettato - sbagliando - di interpretare.

Solo un colpo al cuore, capace di passare dallo schermo alla sala, può ottenere quella sospensione dell'incredulità cui il pubblico pagante ha diritto.

Se manca la fascinazione a che serve mai un film? A «far passare» questo o quel discorso? Dio mio, ma non abbiamo già i politici per questo? Non abbiamo già Fabio Fazio?

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