Rihanna, oltre al pop c'è di più: così il suo show sfida Beyoncé

A Torino la prima delle date italiane: domani a San Siro. In scena si conferma la più trasversale delle dive globali

Rihanna, oltre al pop c'è di più: così il suo show sfida Beyoncé

Dal nostro inviato a Torino

Dopotutto si capisce subito perché Jay Z non ci abbia pensato due volte a puntare su di lei: Rihanna è una forza della natura stasera qui al PalaAlpitour come nel 2005, quando si presentò da sconosciuta al Re Mida del rap e tornò a casa con un megacontratto da sei album. Aveva 17 anni, arrivava da Barbados, esperienza zero o quasi, le ferite fresche della vita con un padre cocainomane.

Oggi, nonostante la platea non sia certamente tutta esaurita, è la popstar più cliccata del mondo (sette miliardi di visualizzazioni solo su YouTube e Vevo). Più che una cantante, è l'amministratore delegato di una multinazionale che lancia profumi, accessori di moda e ha appena firmato un contratto da 25 milioni di dollari con la Samsung. Insomma, è il simbolo della diva 3.0, quella trasversale, commestibile a ogni latitudine, glamour quanto basta ma non troppo. Meno cervellotica di Lady Gaga. E più pop di Beyoncé con la quale, nazione dopo nazione, si sta confrontando in questo tour europeo. Non a caso Rihanna, ossia RiRi per i 62,5 milioni di followers su Twitter, inizia lo show fasciata da una tunica con stivaloni a mezza coscia, su di un altro palco, piccolino e di fronte a quello centrale, quasi a simboleggiare che andrà a prendere il main stage, il palcoscenico principale. Il simbolismo delle dive. E la voglia di stupire. Nonostante l'ultimo disco Anti sia piuttosto cupo e ben poco radiofonico, l'intero concerto è un trionfo di elettrofunk, di dance pop, di cambi d'abito e di timide, e molto meno timide, allusioni sessuali (come quella ormai abituale di appoggiare allusivamente la mano proprio là, sul pube).

In fondo è un concerto kolossal, quanto meno nelle intenzioni: quattro atti, ventiquattro canzoni e tempi da giovane pop americano, ossia molto brevi. Un allestimento e una scaletta molto vicine a quelle di domani sera, in un luogo che sarà davvero la prova del nove per questa ventottenne superstar: San Siro. Vedremo.

Ma l'ora e mezza di Rihanna al PalaAlpitour bastano a fotografarla molto meglio di tanti dischi o delle milioni di volte che le radio trasmettono i suoi brani. Lei gioca con la platea fin da quando, dopo le iniziali Stay e Love the way you lie, partono Woo, Sex with me e Birthday Cake. Gioca e provoca. E' una star che arriva alla pancia del pubblico, maschi e femmine fa lo stesso, ed è clamorosamente migliorata da quando, davvero ragazzina, apparve stonata e fuori tempo a un Mtv Awards. Oddio, forse non è "la Frank Sinatra della nostra generazione", come ha appena sviolinato Chris Martin dei Coldplay. Però ha toni pastosi e, nonostante accenti sguaiati, mostra una bella agilità interpretativa visto che salta senza imbarazzo da una scatenata Bitch better have my money fino alla divertente, sensuale Umbrella. Il tutto, manco a dirlo, in mezzo a cambi di scenografia al limite del kitsch (per tutto il tour durante il quarto atto il palco si riempie di schiuma).

Però questo è il pop, bellezza. Esagerazione, ritmo, colori, libertà. Ben pochi, e si capisce bene durante questo show, sono in grado di declinare questo linguaggio in ogni continente senza apparire troppo arroganti o, peggio ancora, distanti dal proprio pubblico. Volendo, lei è la diva della porta accanto, nonostante 54 milioni di dischi venduti, 210 milioni di brani digitali downloadati e 8 Grammy Awards la portino un po' più in alto, diciamo nell'Olimpo. Forse la sua forza è di portare in scena la propria vita non soltanto durante le tournèe ma ogni giorno. Nel bene (criticarne il successo è insensato) e nelle esagerazioni (ma quanti selfie fa?).

Perciò cantando e ballando Numb oppure quella sorta di mash up tra We found love e How deep is your

love, Rihanna disegna il profilo di come si deve fare per restare in cima: ripetersi poco e differenziare molto. Una ricetta obbligatoria per chiunque voglia evitare che la celebrità duri solo un rapidissimo quarto d'ora.

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