Ariaferma di Leonardo Di Costanzo - presentato ieri fuori concorso al Lido - è ambientato in un vecchio carcere ottocentesco che nel film è in fase di chiusura. Per problemi di spostamenti dei detenuti in altre carceri - il sovraffollamento sempre presente - dodici di loro, tra cui il protagonista Carmine Lagioia, interpretato da Silvio Orlando, rimangono in attesa delle nuove destinazioni insieme a un gruppo ristretto di agenti penitenziari, comandati dall'ispettore Gaetano Gargiulo (Toni Servillo). In questa atmosfera sospesa si assottiglia inevitabilmente la separazione netta tra detenuti e secondini facendo emergere la condizione comune di carcerati.
Frutto di un grande lavoro di documentazione del regista che ha scritto la sceneggiatura con Bruno Oliviero e Valia Santella, Ariaferma uscirà nelle sale il 14 ottobre e sarà l'occasione per vedere un'opera solidissima sul mondo del carcere, sempre dimenticato e tra i meno esplorati dal nostro cinema anche se, ricorda il regista, «non è una pellicola sulle condizioni delle carceri italiane, ma sulla assurdità del carcere». «Il carcere di Mortana - racconta Di Costanzo che nel 2012 aveva presentato qui a Venezia il suo importante esordio, L'intervallo - nella realtà non esiste: è un luogo immaginario, costruito dopo aver visitato molte carceri in cui è successo che nei nostri incontri ci fossero insieme, agenti, direzione e qualche detenuto. Allora era facile che si creasse uno strano clima di convivialità.
Poi tutti rientravano nei loro ruoli e gli uomini in divisa, chiavi in mano, riaccompagnavano nelle celle gli altri, i detenuti. Di fronte a questo drastico ritorno alla realtà, noi esterni avvertivamo uno spaesamento. Lo stesso che ho cercato di portare nel film».
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