C'è qualcosa di avvolgente nel sorriso di Skin mentre presenta il nuovo disco dei suoi Skunk Anansie. Indossa un giubbotto di pelle nera che neppure Rob Halford dei Judas Priest ai bei tempi, tutto pieno di teschi e spuntoni, e parla in modo torrenziale, quasi entusiasta, persino adolescenziale. «Si intitola Anarchytecture perché rappresenta una sorta di fusione tra anarchia e struttura». Loro, si sa, sono uno dei simboli del rock aggressivo e assai impegnato, con radici profonde nella cosiddetta working class e nelle sue battaglie spesso abusate: «Abbiamo cercato di creare una sorta di casa di vetro dalla quale poter guardare la realtà circostante», spiega lei sorridendo sempre. In quasi vent'anni di carriera, gli inglesi Skunk Anansie hanno venduto milioni di dischi e, soprattutto con Paranoid and sunburnt o Stoosh (1995 e 1996), hanno fissato le coordinate di un rock ruvido e qui e là inzuppato di elettronica. E poi in Deborah Anne Dyer, in arte Skin, hanno trovato un'icona che ancora oggi, a quasi quarantanove anni, è vitale e curiosa come un'esordiente. E pure ribelle. Nonostante mesi a X Factor non è ancora a proprio agio con l'Italia («La vostra grammatica è impossibile») ma ha capito che è meglio astenersi dai discorsi sulla nostra politica: «Al limite parlo di quella inglese», sorride. Ma poi parla chiaro. Così.
Anche in questo disco, cara Skin, gli Skunk Anansie sono immediati e diretti come sempre.
«In tutte le canzoni c'è un filo rosso politico, una sorta di riflessione su quello che succede nel mondo intorno a noi. D'altronde, si sa, gli Skunk Anansie non sono uno di quei gruppi che cantano quant'è bello ballare o cose del genere. Noi cantiamo delle cose che ci preoccupano e oggi ci preoccupa molto questa lotta tra ideologie così distanti tra loro. Dopotutto Dio ci vede bene e noi non siamo né ciechi né sordi».
Però sembra che ormai quasi tutte le band abbiano smesso di essere frontali e aggressive. Quasi ci fosse rassegnazione.
«Mah, negli Skunk Anansie l'elemento politico c'è sempre stato e non c'è ragione perché non ci sia in futuro. Soprattutto in una fase nella quale tutti vediamo che cosa sta accadendo in Europa e nel resto del mondo, con i fatti di Parigi e via dicendo».
Però è evidente che ci sono sempre meno band «arrabbiate» come voi o i Rage Against The Machine.
«Forse dipende dal fatto che, specialmente in Gran Bretagna, se fai la scuola dell'obbligo non spendi molto. Ma se vai in una scuola di musica o in un Conservatorio, devi affrontare spese molto elevate. Perciò è difficile che il figlio di un operaio possa permettersele».Quindi?«Chi esce da queste scuole oggi non è più arrabbiato come lo eravamo noi o quelli della nostra formazione. E poi anche le radio o i giornali sono molto riluttanti a far ascoltare o vedere brani o video che siano critici contro il potere. Però, specialmente nell'underground, ci sono gruppi rock o hip hop che urlano molto forte. Il problema è che non li sente nessuno».
Parla come se fosse già una «vecchia gloria».
«No, anzi. Ai nostri concerti vengono tanti giovani proprio perché si riconoscono in quello che diciamo o componiamo. Non siamo di certo un gruppo nostalgico, vogliamo dare un messaggio di band fresca, contemporanea anche grazie a canzoni come Love someone else, uno dei nuovi brani pieni di contaminazioni techno».
A proposito, gli Skunk Anansie si sono separati per quasi dieci anni, dal 2001 al 2009.
«Ora viviamo una sorta di ri-matrimonio».
Matrimonio complicato dal fatto che lei ha trascorso molto tempo qui in Italia a X Factor.
(Rispondono gli altri della band: Mark Richardson, Cass e Ace) «Da quando ci siamo rimessi insieme non è cambiato quasi nulla, siamo sempre 4 ragazzi in una sala prove. Com'è Skin nel suo ruolo televisivo? È brava e buona, anche se noi che la conosciamo bene sappiamo che non è sempre così buona... (risate - ndr). Senz'altro da quando lei fa tv, noi siamo diventati meno indulgenti con noi stessi, perdiamo meno tempo e ci concentriamo di più».
Skin, per lei non sarà stato facile riuscire a mettere insieme tutto.
«Ho trascorso più tempo in Italia e questo ha di sicuro complicato la situazione rendendola più caotica. Ma, da quando ci siamo risposati, noi Skunk Anansie abbiamo un produttore che ci aiuta e ci guida molto bene».
Il suo bilancio dopo X Factor?
«Per quanto riguarda i ragazzi sono d'accordo con Elio: i giovani italiani dovrebbero cantare di più in italiano».
Allora Skin, farà ancora parte dei coach di X Factor?
«Non lo so, vedremo. Ho avuto tanto pubblico dalla mia parte, ma la decisione non è stata ancora presa».
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