La spericolata mostra di Marco Tamburro pulp

Beatrice Gigli

Ricorda Tarantino, i più attenti cercheranno di scorgerlo in ogni suo quadro. Io ho guardato oltre e ci ho trovato anche una Nouvelle Vague contemporanea e glaciale. Ma non è forse da lì che arriva quel cinema di Tarantino? Una trasposizione letteraria mi suggerisce, invece, l'anarchia e la ribellione di Andrea Pinketts che fa aggirare i suoi personaggi in una città, Milano, dark, sopra le righe, tragica, underground ma sempre con un sottofondo ironico e grottesco. Tamburro sarebbe stato l'artista perfetto per la sua «Scuola dei duri» del '93. Ma pure di quei «cannibali» pubblicati da Einaudi. Ammaniti, Nove, Luttazzi e lo stesso Pinketts. Non è casuale forse la scelta di Milano per la sua personale, negli spazi della 7ettanta6ei Gallery, dal 28 febbraio al 17 marzo. Lo spunto dell'artista è il contrastante binomio fiaba-vita reale, sempre con il sarcasmo che lo contraddistingue.

Il titolo «SUPERCALIFRAGILISTICEXPIALIDOCIUS» e la valigia, presente in tutte le opere, sono un esplicito richiamo alla favola di Mary Poppins. La valigia è un vaso di Pandora, con dentro le fragilità e le difficoltà che l'uomo, viaggiatore irrequieto, si porta dietro.

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