I rockettari d'Italia la conoscono come vocalist di Vasco, l'hanno vista e sentita negli stadi, forse hanno in mente la definizione «la Ferrari del rock» con cui il Blasco nazionale la presenta alle folle. Ma Clara Moroni è l'esatto contrario di una, per quanto vocalmente dotata, bambola rock. È una cantautrice, produttrice, e imprenditrice musicale, che lavora soprattutto all'estero, in particolare in Giappone, producendo e distribuendo colonne sonore per Manga e videogames. Il 23 ottobre uscirà il suo nuovo Ep, Sono quello che sono. Un disco di cinque canzoni (c'è anche una cover di Vola, di Ivano Fossati). Pop rock, radiofonico ma non mieloso, grintoso ma non di nicchia, come si può ascoltare nel primo singolo Io non piango più. «È la prima parte di un album a puntate» racconta la Moroni al tavolo di un bar milanese: «Penso che la tendenza del mercato musicale sia andare verso prodotti più piccoli, economici. C'è già il caso dei Green Day che hanno fatto uscire un Ep con la promessa di un seguito, ma credo si tornerà a fare singoli, come nei primi anni 60». La frammentazione di gusti, distribuzione, piattaforme di distribuzione uccide le grandi narrazioni anche in formato cd tradizionale, quindi.
Ma lei non si arrende alle difficoltà del mercato.
«Nient'affatto, noi italiani abbiamo fatto il mondo, figuriamoci...».
E allora qual è la soluzione per cavarsela in un panorama discografico così critico?
«Muoversi su tanti fronti diversi: dischi, concerti, produzioni. Ho appena girato un video, ma solo perché mi hanno detto che passerà in televisione».
A proposito di arte di arrangiarsi, lei negli anni '90 ha iniziato a fare produzioni per l'estero...
«Non era un momento buono per la mia musica. Avevo abbandonato la Emi perché con Guido Elmi, il mio produttore dell'epoca, non ci trovavamo d'accordo».
Problemi personali?
«No, solo artistici, infatti nel 1996 Elmi mi ha chiamato a lavorare con Vasco. Mi ero fatta i miei provini, giravo per le case discografiche, ma nessuno dava retta a una sbarbatella che voleva autoprodursi».
Non è un business per donne?
«Beh, non sono aggiornatissima, ma in giro non vedo molte artiste che si autoproducono. Mi sono detta: e allora chi me lo fa fare di registrare dischi in Italia e finire a suonare alle feste di piazza?».
E allora?
«Con alcuni amici bresciani abbiamo fondato la Dmi (Delta music industry), e abbiamo cominciato a produrre e distribuire musica dance per il mercato nord europeo e giapponese».
Perché il Giappone?
«Perché dopo gli Usa, quello giapponese è il secondo mercato musicale al mondo. Abbiamo firmato con accordo con la Avex, una major molto più grossa delle case discografiche italiane».
La Dance italiana è ancora uno stile di successo mondiale...
«Certo. Da quando negli anni 80 Neil Tennant dei Pet Shop Boys veniva in Italia per aggiornarsi, ad ora: alcuni pezzi di Lady Gaga assomigliano a cose di Spagna o di Sandy Marton».
Ma a quanto pare lei si è specializzata in colonne sonore di Manga e videogames.
«Sì, per esempio il manga Initial D usa una nostra colonna sonora. Il gruppo Konami, che si occupa di videogiochi, usa nostre produzioni. Recentemente abbiamo prodotto alcuni gruppi femminili giapponesi, e poi scritto e fatto incidere un disco a un cantante cinese, per la precisione mandarino».
Ma è molto diverso se si scrivono brani in prima persona i brani...
«Certo, c'è la fatica di dover raccontare in una canzone le proprie debolezze, e in più di doverlo fare in modo coerente, e con un senso poetico. Certo, poter vedere Vasco mentre lo fa è un grande esempio creativo».
Per esempio? Come prepara le canzoni Vasco? Come si comporta durante le prove?
«Magari si presenta dopo qualche giorno, quando i pezzi sono già quasi pronti, e fa delle piccole modifiche, per sottolineare certe parole che secondo lui sono fondamentali: magari dice mettiamo un colpo di cassa qui o toglie una chitarra sotto una data strofa. La parola è al centro di tutto».
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