Le civiltà precolombiane, splendide e segrete, fondate su rituali cosmici che imponevano continui sacrifici umani, hanno attirato nel Novecento l'interesse degli scrittori occidentali più trasgressivi. Mi vengono in mente Antonin Artaud, Georges Bataille, e soprattutto D.H. Lawrence, con il suo fastoso romanzo Il serpente piumato e il racconto, diventato poi di culto nella controcultura californiana, La donna che fuggì a cavallo. Gli Aztechi attraggono come attraggono gli abissi e i misteri. Una civiltà raffinatissima, che considerava le piume come il più prezioso ornamento, che costruiva città galleggianti e fiammanti di riflessi dorati tra canali e giardini e alzava templi immensi alle sue divinità, che ha lasciato liriche in lingua nahuatl che competono con quelle degli antichi Greci, non conosceva l'uso della ruota, ignorava i metalli, viveva nel panico ossessivo che il sole, finito un suo ciclo, si spegnesse. E celebrava sui suoi altari continui sacrifici cruenti tra fiamme, fumo, scorrere di sangue e tanfo di cadaveri, praticando inoltre una rituale antropofagia.
Il romanzo di Matteo Soldi, Il tramonto del Quinto Sole (pagg. 268, euro 18) mandato in libreria dalle Edizioni Ares che, forti di un catalogo con autori come Eugenio Corti, Alessandro Spina, Rodolfo Doni riaprono oggi alla narrativa, ha sullo sfondo la civiltà azteca, rievocata con mirabile cura e passione storica, e con una attenzione ai dettagli che contribuiscono a rendere molto interessante la lettura del libro. L'autore sa che il sacrificio presso gli Aztechi era come giustificato dal racconto mitico delle origini, quando il piccolo dio Nanauatzin, l'ultimo, il meno eroico di quel pantheon, fu nondimeno il primo che saltò annullandosi nelle fiamme di un braciere ardente per scongiurare il pericolo che il buio regnasse eterno e il sole non nascesse più. Nanauatzin fece sorgere un sole. A mantenerlo in vita, a farlo muovere per il cielo, occorrevano altri sacrifici, i cuori degli uomini estratti dai loro petti e offerti al dio Huitzilopochtli. C'è anche, per contro, un dio esiliato, Quetzalcoatl, contrario ai sacrifici umani, e che, dicevano le profezie, sarebbe tornato in Messico dal mare, dall'Occidente. Da quel mare da cui approdarono alle coste messicane le navi di Cortés, portando con sé armi tonanti, vesti di ferro, cavalli possenti e il culto della Croce di Cristo.
Matteo Soldi sceglie come protagonista un giusto, Cuauhtlatoatzin, Aquila Parlante, e ne racconta la vita a partire dalla prima giovinezza sino a un sorprendente finale. Aquila Parlante si vende schiavo a un ricco mercante, Atlixcatzin, per sostenere la sua famiglia durante la carestia che spinge i sacerdoti a intensificare spasmodicamente i sacrifici umani. Il giovane azteco nel segreto del suo cuore è un devoto di Quetzalcoatl, il dio che non chiede spargimento di sangue, e la vicenda che lo porta a conquistare la stima del suo padrone, a confrontarsi con la sua lussuriosa figlia Finax e il sanguinario e debole genero Telpo, a rinunciare all'amore di una donna lasciandola senza rancore allo zio Tlamaj, a diventare infine figlio adottivo del padrone e cacicco del suo borgo, è la sostanza romanzesca che tiene avvinto il lettore.
Entrano nel libro come personaggi i grandi, il comandante Cortés, il re Montezuma, la lotta che si combatte per il dominio su Tenochtitlan, la città che era un prodigio galleggiante e troneggiava sull'acqua «come un diamante incastonato in una preziosa montatura». Ed entra nel libro lo scontro tra una religione arcana e senza pietà e una religione nuova che della pietà, dei deboli, della giustizia fa il suo centro. Non siamo affatto certi che i Conquistadores fossero animati da vero spirito cristiano. Ma Cuauhtlatoatzin, Aquila Parlante, una volta convertito, lo fu. A lui, premio alla sua vita di giusto, apparve nel suo splendore fiorito la Vergine Maria, la cui immagine restò impressa sul suo mantello. Sul luogo delle apparizioni miracolose fece costruire una chiesa, dedicata alla Vergine di Guadalupe e diventata oggi un Santuario celeberrimo in tutta l'America Latina. E lì visse santamente gli ultimi suoi anni. Quando incontrò Cortés, rifletté con lui su come tramonta il sole sugli Imperi e sulle nostre vite, ma non su Maria e suo Figlio.
Scopriamo soltanto alla fine che anche Aquila Parlante, di cui Matteo Soldi con buona tecnica narrativa e con verosimiglianza ha ricostruito l'esistenza terrena, è un personaggio storico: l'indio Juan Diego, canonizzato da papa Giovanni Paolo II il 31 luglio del 2002.
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