Stranezze europee da mainstream: cervelli letterari in fuga dalla Germania

L'autore tedesco si è trasferito a Vienna, in polemica con il conformismo "woke"

Se Matthias Politycki è autore tedesco già proposto al lettore italiano con la raccolta poetica La verità sui bevitori di whisky (Moby Dick, 2009) e la novella Racconto dell'aldilà (CartaCanta, 2013) lo si deve al germanista e poeta dialettale romagnolo Giovanni Nadiani (1954 - 2016).

Narratore e poeta cui non sono mancati il successo e i riconoscimenti in patria, Politycki un anno fa decise di abbandonare la Germania per trasferirsi a Vienna. L'annuncio fu lui stesso a darlo, insieme alle motivazioni, con un articolo ospitato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung. La sorpresa fu tanta, negli ambienti intellettuali tedeschi appiattiti sul mainstream, che gli imputarono la «fuga per frustrazione». Un'accusa rigettata immediatamente da lui: nessuna frustrazione, solo «crescente sbalordimento», e nessuna fuga, piuttosto la scelta di «mettersi da parte». Di formazione libertaria, il suo atto d'accusa era rivolto contro «la perversione del pensiero di sinistra». «Se non tutti sono autorizzati a scrivere ciò che vogliono», così scrisse sulla FAZ, «presto non tutti saranno autorizzati a leggere o ascoltare ciò che vogliono». Politycki ama la propria lingua, fino a essere ostile verso le più recenti innovazioni ortografiche. Infastidito dai sempre più evidenti tratti ideologici della lingua tedesca e dalla conseguente ristrettezza culturale dei dibattiti pubblici in Germania, aveva perso il piacere di scrivere. La soluzione dell'espatrio s'impose durante un soggiorno nella capitale austriaca, quando tornò a respirare aria di libertà linguistica, e a scrivere.

Ora, a 66 anni, ha scritto un intero libro sul suo trasferimento: Il mio commiato dalla Germania. A cosa mi riferisco quando parlo di libertà (Hoffmann und Campe, pagg. 120, euro 16). Per nutrire la propria scrittura, da decenni Politycki trascorre gran parte dell'anno all'estero, spesso in altri continenti. Negli ultimi tempi, racconta nel libro, a ogni suo rientro in Germania notava crescere l'indignazione pubblica solo «perché qualcuno diceva qualcosa, o, in realtà, perché lo diceva in un modo non gradito da altri, finendo col diventare questo il motivo sufficiente per sospettare di quel qualcuno e per prendere le distanze da lui».

Politycki ha ben chiaro chi siano i responsabili di questo fenomeno: il dito è puntato sui cosiddetti wokisti, cioè su chi è talmente all'erta nel prendere le difese delle minoranze (etniche, di genere, ecc.) da non ammettere nel dibattito pubblico chi la pensa diversamente. Una posizione che non ha altro esito reale se non l'esclusione di singoli e gruppi dalla vita sociale. A questo strumento per la limitazione delle libertà e dunque fenomeno «contro illuminista», Politycki contrappone la sua idea di libertà fondata sulla resistenza alla dittatura del mainstream attraverso l'espressione di altri punti di vista e opinioni.

Difesa delle minoranze e sensibilità contro il razzismo sono patrimonio anche dello scrittore

tedesco, ma in lui e nella sua opera nulla che abbia a che fare con il «furore quasi religioso di redenzione del mondo» dei wokisti. Furore che Politycki giudica una «perversione del pensiero emancipatorio e di sinistra».

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