Il tema dell'inclusività a cavallo di un drago

Sembra quasi un film profetico, soprattutto ripensando al fatto che è stato concepito molto prima della pandemia

Il tema dell'inclusività a cavallo di un drago

Sembra quasi un film profetico, soprattutto ripensando al fatto che è stato concepito molto prima della pandemia. Qui c'è un male che contagia tutto il mondo, si diffonde come un'entità che non dà scampo a chi vi entra in contatto, lasciando inanimati (e di pietra) persone e animali. Ovviamente, non potevano immaginare, dalle parti della Disney, ciò che sarebbe successo con la trasmissione del Covid-19, ma è certo che, guardando Raya e l'ultimo drago, il paragone ti viene di farlo. Quattro registi e otto sceneggiatori per realizzare questo prodotto super globalizzato, certamente bello, ma privo forse di quell'anima che era un po' il marchio di fabbrica della casa di Topolino. Sarà che ormai, con quel fotorealismo attraverso cui vengono proposti da qualche anno i personaggi di ogni film disneyano, ti sembra che, grosso modo, si vada con il pilota automatico, lasciando poco spazio a creatività e fantasia, relegate, al massimo, al prologo. Insomma, niente effetto wow. La protagonista, neanche a dirlo, è una ragazza guerriera, ovvero Raya, e abita in un mondo, Kumandra, dove un tempo draghi e uomini vivevano in armonia. Ora, invece, è diviso in cinque regni e dei draghi non vi è più traccia. Per un errore commesso da Raya, si risvegliano i terribili Druun, dei «re Mida» cattivi che trasformano in pietra ciò che toccano. La giovane decide di rimediare allo sbaglio, mettendosi in viaggio alla ricerca di Sisu, l'ultima leggendaria creatura che potrebbe rimettere insieme i frammenti di una gemma magica capace di sconfiggere i mostri e far tornare tutti dei grandi amiconi. Durante il tragitto, Raya incontrerà vari partner che la aiuteranno nella delicata missione, nonostante l'ostilità della coetanea Namaari, principessa di Fang.

Un film politico che inneggia all'inclusione, pur riconoscendone la complessità, al fine di ottenere una società che sappia assorbire le sue diversità, creandone una armonica sintesi. Ambientato in Asia, si fa apprezzare per la convincente sceneggiatura, i personaggi accattivanti, i dialoghi non banalizzati, scivolando però in un finale che perde un po' di tensione.

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