E poi sale all'improvviso su di un palco talmente grande che «si viene e si va» coem recita uno dei brani in scaletta. Fiera di Reggio Emilia, ora del tramonto e dell'adunata delle zanzare. Ligabue ha appena finito «una delle prove generali più grandi che abbia mai fatto» per mettere a punto ogni dettagli dello Start Tour che inizia al San Nicola di bari e attraversa altri sette stadi prima di chiudersi il 12 luglio all'Olimpico di Roma. Un megaschermo centrale e altri sei laterali sorvegliano un palco lungo 58 metri e largo 22 con due passerelle asimmetriche entrano fin nel cuore della platea: «Prenderò una navetta per andare da una parte all'altra» ride lui dopo due ore e un quarto che aprono con Polvere di stelle, inseriscono altri sei brani del nuovo Start (favolosa La Cattiva compagnia) e poi alternano super classici come Balliamo sul mondo (molto elettrica), Certe notti, Bambolina e barracuda (con tanto di copertina di Never mind... dei Sex Pistols proiettata sullo schermo) e due medley a geometria variabile perché potranno cambiare concerto dopo concerto (più quello suonato solo con chitarra e voce che quello rock con tutta la band). Una maratona con arrangiamenti garbati che la voce controlla bene e che gli assoli di chitarra (bravo Fede Poggipollini) ricamano più del solito: «Mi diverto in tanti modi, ma il concerto è il modo che mi diverte di più», dice un Ligabue sempre più asciutto nel fisico e nelle risposte perché, si sa, preferisce lasciar parlare la musica.
Ligabue, nel 2020 celebra 30 anni di carriera, ormai non sarà facile scegliere i brani da suonare dal vivo.
«L'ho pensata per il pubblico che viene negli stadi. Non ci sono soltanto i miei fan abituali ma anche spettatori occasionali e quindi mi fa piacere che ascoltino anche le canzoni del nuovo disco».
A proposito, La cattiva compagnia è accolta da scariche elettriche sugli schermi e molti watt nelle chitarre. Quali sono le cattive compagnie?
«I fantasmi che ci popolano e le paure che ci impediscono di essere come siamo davvero. La chiamerei incapacità di essere felici».
Però nel nuovo disco Start c'è più «felicità» del solito. E Polvere di stelle o Certe donne brillano sembrano una dedica a sua moglie
«C'è anche Mai dire mai nella quale racconto le prime volte della storia che poi ci ha portato a sposarci».
Dedica a lei il nuovo tour?
«Non è intenzionale, ma, volendo, sì».
A che punto siamo tra «palco e realtà»?
«Per tanto tempo è stato molto difficile per me gestire la differenza tra palco e realtà. Tra il tempo trascorso in scena e quello nella vita privata, di tutti i giorni. Ora va meglio, ma fare concerti resta per me è una sorta di dipendenza. Adesso non vedo l'ora di iniziare e già so che, a fine tour, avrò voglia di tornare sul palco. Insomma, adesso faccio questi concerti e soffro già al pensiero che alla fine sia buona lì».
Durante Vita morte e miracoli ci sono le immagini di un parto.
«Le ho scelte apposta, sono parte del racconto di questa canzone. C'è un parto che dà il via al percorso della vita di ciascuno di noi e poi, dall'altra parte degli schermi, si arriva a vedere un uomo con il suo nipote».
Lei è un habituè di San Siro. Ma si dice possano chiuderlo.
«Beh allora tutti perderemmo qualcosa».
Ricorda sempre qual era il suo obiettivo prima di diventare famoso?
«Sì, volevo essere un cantautore con il suono di una band. E difatti la mia band ha provato anche undici ore al giorno su questo palco, noi abbiamo il suono al centro dei pensieri».
E lei quante ore?
«Anche quattro o cinque».
Lo sa vero che qualcuno già si immagina un nuovo Campovolo per i suoi trent'anni di carriera.
«Se mi chiedi sì o no, rispondo ni o so. Ma tante cose fanno pensare a un sì».
Nel frattempo collabora a un musical.
«Mi hanno fatto
leggere questo copione scritto da Chiara Noschese, figlia del grande Alighiero. Mi è piaciuto al punto che ho scritto un contributo. Ma ne riparleremo dopo l'estate. Adesso lasciatemi lasciare la realtà per salire sul palco».
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