Marco Vichi ha sempre avuto una predilezione speciale per i racconti e i tre che compongono l' antologia La casa di tolleranza (Guanda, pagg. 252, euro 16) gli permettono di illuminare alcuni momenti speciali della vita del suo Commissario Franco Bordelli. Il primo che da il titolo alla raccolta, La casa di tolleranza , è ambientato nel 1949 nel periodo in cui il giovane poliziotto, finita la guerra, sta ancora cercando casa ed è costretto a fare retate nei casini di Firenze su richiesta del questore Rossano «che due o tre volte all'anno ordinava di irrompere nelle case di tolleranza per un controllo, alla ricerca di reati di ogni genere, dai più banali, come l'alcol di produzione clandestina e le sigarette, fino ai più gravi, come la ricettazione, la droga o la minore età delle prostitute, che a volte erano ragazzine scappate di casa». Il questore imbastisce queste retate «nella speranza di un colpaccio, come trovare un ricercato o delle armi nascoste» ma per Bordelli sono sortite inutili dove preferisci di solito mettersi a fumare con le ragazze. E così in una vecchia palazzina maleodorante fa amicizia di via delle Burella con la più bella e dolce delle ragazze che lavorano per Madama Fedora. Si tratta di Rosa con la quale si apre un rapporto di comprensione e stima reciproca che durerà tutta la vita. E se la donna si rifiuterà di fare un maglione al giovane commissario, lui non potrà però evitare di mettersi ad indagare per lei su un tipo sospetto.
In Morto due volte il personaggio creato da Marco Vichi si trova invece a scoprire la doppia sepoltura di Antonio Samsa, passeggiando fra le lapidi del cimitero de le Porte Sante e questo lo costringerà a svelare il segreto della sua scomparsa e quello del suo tesoro mostrando ai lettori uno spaccato estremamente documentato delle violenze e delle persecuzioni subite durante le leggi razziali dalle persone di origine ebraica. Questo racconto era già stato in precedenza trasformato in graphic novel da Vichi e affidato ai pennelli di Walter dell'Edera ma riacquisisce qui tutta la sua forza narrativa letteraria senza l'uso delle immagini.
Il conclusivo Natale di guerra è invece ambientato nel '43 «in Abruzzo, alle pendici della montagna sulla cui sommità si trovava Torricella Peligna, quando il fronte era incagliato lungo la Linea Gustav. Qualche settimana dopo l'8 settembre, la Marina Militare aveva cominciato a reclutare sulle navi i volontari per ricostituire il Reggimento San Marco, che durante la campagna d'Africa si era coperto di gloria difendendo Tobruk. Erano tornati in pochi da quella tragica avventura, ma adesso per cacciare i tedeschi dall'Italia c'era di nuovo bisogno di un corpo speciale, capace di facilitare l'avanzata degli Alleati. Franco Bordelli non aveva esitato un secondo ad accettare la proposta».
Bordelli si troverà a scambiarsi storie con alcuni compagni di guerra, fra i quali Curzio Malaparte che confesserà di essere « inorridito dalla bassezza che può raggiungere l'uomo, così come sono ammirato dal sublime che ogni tanto sa esprimere. Ma quando mi metto a scrivere, è la bassezza che mi preme di raccontare».
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